Regia di Harold Becker vedi scheda film
Un scienziato americano inventa e produce, con successo, un letale drone volante senziente capace di “riconoscere” l’intenzione di uccidere e intervenire di conseguenza; dopo un felice utilizzo in Afganistan ed Iraq, si decide di utilizzarlo in teatri urbani.
Tratto da un racconto di Robert Sheckley, questo episodio della serie “Master of Science Fiction” (titolo originale “Watchbird”), con l’astrofisico Hawking quale nume tutelare e voce introduttiva, tocca argomenti classici della letteratura fantascientifica, ovvero il rapporto tra umanità e androidi più o meno intelligenti che, puntualmente, si umanizzano a tal punto da provocare una montagna di guai. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, troppa la letteratura sull’argomento (“Il ciclo dei robot” di Asimov, per citare uno dei più famosi) e perfino il cinema (oltre alla televisione) ha toccato decine (se non centinaia) di volte l’argomento, da Hal 9000 fino a Robocop, Matrix o, come evoluzione concettuale verso l’autodeterminazione robotica, i fracassoni Transformers dell’ultimo periodo. Il tutto viene trattato con piglio paratelevisivo e, tenuto conto della durata da “corto”, molti argomenti stuzzicanti vengono poco approfonditi. Il regista comunque riesce a mantenere una certa compattezza narrativa, garantendo alla vicenda i giusti sviluppi drammatici e operando sufficientemente di cesello nelle fasi che, necessariamente, non potevano sfociare nel didascalico (i problemi morali dei rapporti uomo-macchina, l’idea di giustizia assolutista, la natura guerrafondaia di alcuni uomini di potere e la sete di denaro). Un discreto telefilm, in definitiva, che aumenta la sua qualità grazie agli spunti proposti allo spettatore, per un successivo approfondimento letterario-cinematografico, oltre che alla discreta prova di Sean Astin e del veterano James Cromwell (più il secondo del primo) ed agli effetti speciali non pacchiani.
Robotica.
Professionale.
Ruvido.
Riluttante.
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