Regia di Genjiro Arato vedi scheda film
Ningen Shikkaku(The Fallen Angel come sottotitolato nel film aka No Longer Human, traduzione letterale) è un film del 2010 tratto dall'omonimo romanzo di Osamu Dazai, da molti considerato inadatto per essere trasposto cinematograficamente.
L'esperto regista Genjiro Arato si è cimentato nell'impresa avvalendosi del glamour del divo giapponese Toma Ikuta, cantante e attore teatrale con un curriculum ben fornito a dispetto della giovane età e piuttosto famoso in Giappone per la sua attività nel mondo della musica e della televisione.
Soppesando attentamente il tutto, devo riconoscere che a mio parere l'impresa è ben lungi dall'essere riuscita.
Tutto quello che nel romanzo era universale, raccontando neanche velatamente dell'inquietudine e dello scoramento di una nazione trascinata nella Seconda Guerra Mondiale da inopinate manie di grandezza della sua classe dirigente,nel film diventa troppo personale, privato.
Un'apocalisse privata che si colora delle tonalità del romanzetto d'appendice in cui prevale la frammentarietà,con episodi che semplicemente si succedono gli uni agli altri senza aggiungere nulla a quanto visto precedentemente.
Tutto questo impedisce al film di avere quell'intensità necessaria a descrivere il senso di travagliata solitudine e alienazione che attanaglia il protagonista.
Ningen Shikkaku è un romanzo di dolorosa (de) formazione con protagonista un giovane pittore, Yozo Oba, rampollo di una famiglia ricca ma anaffettiva,che dopo essersi trasferito a Tokyo,sotto la guida di un sedicente maestro di vita, si incammina con un biglietto di sola andata per il sentiero dell'autodistruzione a causa di droga,alcool e donne.
Visivamente ragguardevole per la luminosa fotografia di Takeshi Hamada( premiato nel 2009 con l'Oscar giapponese per la fotografia di Departures) il film svela troppo presto, a dispetto della durata eccessiva (134 minuti) la sua natura di bellissimo involucro a racchiudere un contenuto piuttosto modesto.
La storia di Yozo Oba è l'ennesima storia dell'artista pseudomaledetto che inquina la propria visione pittorica devastando i propri neuroni con droghe, alcool e donne di malaffare senza nome raccattate nei peggiori bar di Tokyo.
Il suo destino è segnato ed è quello di vivere in un sanatorio proprio mentre il Giappone sta entrando nella Seconda Guerra Mondiale, appena dopo l'attacco di Pearl Harbor.
La morte aleggia costantemente sul film.
Credo che Toma Ikuta pur impegnandosi non riesca a delineare in modo credibile il suo personaggio:la sua faccia è troppo pulita,perfetta e tale rimane dopo una vita di eccessi e di stravizi.
Un Dorian Gray giapponese sul cui volto non si depositano le brutture della sua vita.
regia laccata,inadatta al contesto.
non riesce ad essere credibile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta