Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Nikita Mikhalkov orchestra con graziosa eleganza una buffa commedia sulle malinconiche gioie dei sentimenti. Affidandosi cecamente ad un Marcello Mastroianni di meravigliosa letizia (che per questo uomo adorabile e bugiardo fu candidato agli Oscar e vinse una valanga di premi) – senza dimenticare la presenza folgorante di Elena Sofonova e il clamoroso ritorno sulle scene della maestosa Silvana Mangano (qui all’ultima prova), il film si basa su alcuni racconti di Cechov, scrittore immenso della cui poetica è intriso molto cinema tra commedia dei caratteri e tragedia esistenziale.
Una prima parte perfetta nell’amministrazione del gusto (con il saporito ritratto della noia altoborghese) anticipa un segmento centrale non sempre ottimale (ma con la strepitosa danza di benvenuto, concentrato esilarante di stereotipi russi) fino ad un finale di partita di sublime nobiltà con sorpresa finale. La storia si sviluppa su due registri, l’uno brillantemente romantico, l’altro quasi surreale. Se il primo può contare su una sceneggiatura che mette in risalto le caratteristiche bucoliche del protagonista maschile, sospeso tra dolcezza europea e sorniona italianità, il secondo presenta elementi squisitamente briosi: valga per tutto lo splendido carosello di bagni terapeutici e vita termale sfociante nella discesa nella piscina piena di fango da parte di un lindo Mastroianni.
Qualcuno ha parlato di echi felliniani nella rappresentazione dell’altrove in cui si rifugia l’annoiato Marcello, e così si potrebbe pensare che il racconto del protagonista (diventato, chissà perché, cameriere) sia frutto di una fantasia. Non tendo per questa ipotesi, perché le circostanze della vita possono essere sorprendenti e dobbiamo essere pronti a tutto nell’affrontare il momento. Che sia pure amoroso, o un’evanescenza disarmante incarnata nell’amore perduto e mai dimenticato.
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