Regia di Michael Powell vedi scheda film
Una prostituta, incontrata di sera lungo una via di Londra, non è forse la prima vittima di Mark Lewis. Giovane uomo, operatore di riprese in una troupe cinematografica, fotografo, Mark è ossessionato dall'idea di immortalare lo sguardo delle persone nei momenti di paura e sofferenza. Confessa ciò, pur non parlando delle sue azioni criminose, ad una vicina di casa, Helen, dalla quale, ricambiato, è attratto; il motivo è da ricercarsi in traumi subiti durante l'infanzia. Successivamente, Lewis uccide, ancora ed ancora. Il cerchio della polizia, lentamente, si chiude intorno a lui. Cosa accadrà prima che l'assassino sia fermato ? Thriller diretto da Michael Powell, "L'Occhio Che Uccide" racconta la storia di Mark Lewis, un giovane la cui infanzia è stata violata dal padre, un biologo che l'ha reso oggetto dei suoi studi. Il Mark bambino è vissuto sotto lo sguardo implacabile di cineprese; disseminate in casa o nelle mani del genitore, il loro obiettivo coglieva ogni momento della sua vita. Si appropriava di ogni emozione; la consapevolezza della loro esistenza stroncava la spontaneità, la naturalezza. Quando le emozioni erano assenti - tipicamente, il momento del sonno - il padre di Mark le stimolava creando situazioni che terrorizzavano il giovinetto. E non si lasciava sfuggire quelle generate dal dolore; quale "migliore" occasione, se non la morte della mamma di Mark ? Il papà, uomo evidentemente arido ed amorale, ha effettuato le riprese per documentare i rapporti tra sensazioni e relative reazioni del fisico. Alla sua morte, ha lasciato opere e ricchezze al figlio, il quale ne ha ripercorso le orme, spingersi tuttavia molto oltre. Egli uccide infilzando le vittime, mentre esse guardano il loro stesso volto, già stravolto dal dolore e dalla paura, in uno specchio che ne altera ancor più i lineamenti e ne amplifica le emozioni, a beneficio della cinepresa con la quale Mark registra gli ultimi istanti di vita della persona della quale spera di catturare l'essenza più intima e possederla, all'interno di quelle pellicole che costituiscono il suo archivio privato. Mark è un individuo dalla doppia vita; nella sua quotidianità, lavorativa e non, egli si muove con disinvoltura. E' il suo terreno di caccia; nei relativi contesti conosce le vittime, le terrorizza, le uccide con facilità approfittando della loro mancanza di reazione. E' sè stesso, tuttavia, quando si trova insieme ad Helen. Torna il ragazzo timido, impacciato, dai modi affettati, consapevole vittima - e non complice postumo - delle ossessioni paterne, delle quali mette a parte la giovane, una sua amichevole inquilina, che vive in un appartamento sottostante il suo con una madre cieca, in grado di intuire il tormento e la pericolosità del ragazzo. Vuol tenere Helen all'oscuro della sua attività, per non metterla in pericolo. Qualora lei si mostrasse spaventata, essendo questo lo stato d'animo che alimenta la follìa di Mark, egli si sentirebbe non in grado di controllare gli istinti. Ma la vicina, curiosa, scopre la verità; ciò accade poco prima che le forze dell'ordine, compreso il ruolo del cineoperatore nella sequenza di omicidi circa i quali sono chiamate ad indagare, gli piombino in casa. Mark sceglie di morire così come è capitato alle proprie vittime; di fronte ad una cinepresa in funzione e ad una Helen sconvolta, ancor incapace di comprendere la portata di ciò che ha visto ma consapevole che dal ragazzo non aveva di che temere, si conficca in gola una lama, consegnando l'ultimo anelito di vita a quello strumento, suo amore ed odio, che gli è stato da sempre vicino. Mark Lewis è ben interpretato dall'attore austriaco Carl Boehm; versatile nel rendere i due "volti" dell'uomo, dà modo di comprendere le sofferenze interiori del personaggio. Esse possono valere quale parziale giustificazione per il male fatto ? Il giudizio allo spettatore. Potremmo limitarci ad affermare che, come il sonno della ragione genera mostri, altrettanto fa una ... sovrabbondanza della stessa. L'assoluta inaffettività del padre, un personaggio apprezzato dalla società del suo tempo quale stimato studioso, tanto dedito alla scienza da dedicarle un figlio, ha causato nel giovane uno squilibrio insanabile; attività di ricerca spinte ben oltre ogni limite etico sono diventate ossessioni, le relative pulsioni non più controllabili da un giovane pur intelligente, non privo degli istinti comuni a tutti i ragazzi della sua età. Avesse avuto più tempo, forse, con l'aiuto di Helen, si sarebbe potuto salvare. Ma i diversi errori commessi nel corso della sue attività criminali, non gli hanno lasciato scampo. L'espansiva vicina di casa è interpretata da Anna Massey. Nel film prevalgono i toni del dramma; fanno eccezione le sequenze che mostrano il "cinema nel cinema", con i duetti tra un regista spazientito ed una "diva" poco volenterosa. I ritmi sono elevati ma non incalzanti; è da subito ipotizzabile l'identità dell'assassino, i connotati del quale sono mostrati anche dalle molte sequenze che egli mostra il suo passato. L'ossessione del protagonista è descritta anche visivamente, tramite l'invasività di proiettori, cineprese, schermi, pizze, flash. L'(ab)uso della migliore tecnologia dell'epoca, al servizio delle più oscure pulsioni del personaggio, stende un velo di pessimismo, confermato dalla nostra attualità, circa le connessioni tra progressi tecnico e morale. Un thriller di forte impatto, costruito su tematiche complesse, quali i rapporti causa-effetto, sulla psiche umana, tra traumi del passato ed ossessioni del presente; essere ed apparire; ragione e sentimento.
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