Regia di Michele Lupo vedi scheda film
Quanto manca il grande Bud.
Il western nel 1981 ormai è al capolinea dappertutto: in Italia è stato sostanzialmente sostituito da altri generi non prima di aver incontrato una fase involutiva di ripetitività dei temi; negli USA il tonfo de I cancelli del cielo è stato un po' come la caduta dell'impero romano nel 476. Quindi questo Occhio alla penna sembra giungere fuori tempo massimo: tuttavia, proprio facendo leva su questa sua condizione di estraneità al flusso temporale canonico del genere può permettersi di farsi beffa dei suoi avi con forza ancora maggiore rispetto ai soliti fagioli western, senza per questo scadere nella parodia greve e fine a se stessa. Il mitico Bud è sempre il solito fuorilegge dal cuore d'oro, che ormai non prova nemmeno più a far valere il suo status di delinquente: il suo unico obiettivo nella vita è farsi una onesta mangiata pantagruelica in santa pace. In generale tutti i personaggi appaiono stanchi del ruolo che il cinema ha loro imposto: c'è l'indiano fasullo che smozzica frasi in romanesco, ci sono nemici più idioti che mai, ci sono cittadini che solo per recita sono costretti a fingere di essere assillati da una banda di fuorilegge, ma in realtà se la spassano un mondo. Persino il villain principale della pellicola, lo sceriffo corrotto (nonché anche lui amante della buona cucina), ha l'aria di uno che preferirebbe di gran lunga regolare i conti con Bud in una sfida a colpi di forchetta e non di cazzotti, meno che mai di pistolettate. Film molto più crepuscolare di quanto non sembri: un'epoca è terminata e gli stessi personaggi che per tanto tempo l'hanno ravvivata ne sono consapevoli più di ogni altro. Quando Bud nella sequenza finale mette in fuga i temibili indiani Mescaleros semplicemente correndogli incontro, ne rivela un bluff che durava dall'alba del genere. Un film che svela la finzione del western più che prenderla in giro.
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