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Gli occhi della notte

Regia di Terence Young vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gli occhi della notte

di Lina
7 stelle

Thriller a tinte noir, di fine anni sessanta, basato sulla pièce teatrale di Frederick Knott: “Wait Until Dark”, che tiene con il fiato sospeso nonostante le sue tante ingenuità e fatti un tantino fuori dalla realtà - in primis, è assurdo che tutti entrino in casa della protagonista senza nessuna difficoltà e che nessuno nel condominio si accorga che qualcosa di sospetto stia accadendo.

 

La deliziosa Audrey Hepburn fa da mattatrice, regalandoci un’interpretazione ottima e convincente di una donna cieca di nome Susy, che non ama essere commiserata ed è in grado di cavarsela da sola in casa. Grazie alla propria indole autosufficiente e per compensare la preziosa perdita della vista, ha l’udito più sviluppato della gente comune e una maggiore cognizione delle distanze e degli spazi.

 

La trama è magra e ridondante, poiché ruota tutta attorno a dei malavitosi che vogliono riprendersi una bambola imbottita di droga, finita accidentalmente nelle mani del marito di Susy, il quale, ignaro dell’inghippo, la custodisce in casa propria mettendo a rischio l’incolumità fisica della moglie, che lascia sola per andare a lavorare.

Per rientrare in possesso dell’oggetto, i malviventi le tenteranno tutte ingannando l’ingenua Susy e sfruttando a loro favore la sua cecità.

 

La tensione psicologica è tanta ed efficace, il candore e l’astuzia dell'esile ma bella Susy conquistano e l’attenzione si mantiene sempre alta. I personaggi sono pochi, ma ben congegnati, e ci sono dei cattivi addirittura “variegati” – si passa dal malavitoso spietato a quello riscattabile perché dotato di una certa sensibilità. Interessante e ben riuscito è il personaggio di Mike. La protagonista non lo conosce, ma le ispira a pelle fiducia sin dal primo momento e fino al punto che rimane profondamente delusa quando scopre che l’aveva ingannata. Piange disperata, sentendosi forse stupida per aver creduto così tanto in un perfetto estraneo travestito da buon samaritano. Eppure, tra sconforto e paura, riesce a reagire e a spuntarla. Le mille difficoltà non le impediscono di usare l’ingegno.

 

Le sequenze finali al buio sono le più inquietanti e al contempo succulente e avvincenti.

La narrazione è greve e quasi silente, in perfetta sintonia con la messa in scena indagatrice, supportata da rumori improvvisi, da intrusioni domestiche inattese e dalle espressioni facciali che esprimono i vari stati d’animo dei protagonisti; i dialoghi funzionano e i personaggi hanno tutti un loro perché – anche Gloria, la ragazzina e inquilina del piano di sopra, che nonostante sia un po’ scorbutica, è l’unica vera amica su cui possa contare Susy e che l’aiuta.

 

A mio avviso, la prova della Hepburn avrebbe meritato l’Oscar. Non deve essere stato affatto semplice calarsi nel ruolo di una giovane donna affetta da cecità, tant’è che per poter imparare, l’attrice frequentò una scuola per ciechi.

 

Un film in definitiva accattivante e ben interpretato. Non per nulla si trova al 55º posto dei cento migliori thriller statunitensi.

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