Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Giuseppe Tornatore mette in scena un film da Oscar: commovente, profondo, viscerale. È la storia di un cinema di provincia, inteso, all’epoca dei fatti (siamo nel secondo dopoguerra), come centro nevralgico della vita sociale del paese. I temi dell’amore per la settima arte, quello del distacco per via di una emigrazione necessaria e l’amicizia appaiono quelli più preponderanti. Oscar come miglior film straniero nel 1989.
Il film narra la storia di un regista di fama, che, appresa la notizia della morte del suo amico Alfredo, operatore nel cinema Paradiso del suo paesino, nonché fautore della sua emigrazione che tanta fortuna gli ha portato sul piano professionale, ripercorre le tappe di quell’amicizia, di quei giorni, di quelle sensazioni, passando insonne un’intera notte.
Il film è una poetica dichiarazione d’amore al cinema, con una colonna sonora del Maestro Morricone a completare un’opera notevole. Troppo slegate sono tuttavia la parte moderna e quella che vive nel ricordo; troppo divario tra Philippe Noiret, Leo Gullotta, Enzo Cannavale, Leopoldo Trieste, perfino Totò Cascio, e la prova mediocre di Jacques Perrin (che interpreta Totò da adulto). La differenza è tale da sembrare quasi che le due sezioni siano state girate da registi diversi.
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