Regia di George Cukor vedi scheda film
Capolavoro assoluto nel suo genere, avvincente oggi come al tempo in cui uscì nelle sale cinematografiche.
Un superbo capolavoro del genere noir e senza dubbio uno dei film più eccellenti di tutta l'epoca del bianco e nero. Regia, interpreti e scenografia sono praticamente perfetti. Cukor - di cui conosciamo in particolare le cosiddette sofisticated comedies - qui ci dà una prova da vero maestro in un genere tutt'affatto differente, guidando con mano sicura un pool di attori favolosi all'interno di una narrazione fluida e sempre ben congegnata.
La Bergmann - qui al culmine della sua bravura interpretativa - sa perfettamente calarsi nella parte della protagonista, una donna bella e fragile, bisognosa di amore e di protezione, che ha scelto senza saperlo l'uomo più sbagliato che potesse mai incontrare, il quale l'ha sposata soltanto per un secondo fine. Il film - dalle sontuose ed eleganti scenografie (anch'esse insignite di un Oscar) - rappresenta il progressivo scivolare della giovane nella sabbia mobile della sua soggezione al perfido marito, tanto da arrivare sull'orlo della follia. L'attrice svedese è coadiuvata da un ottimo Charles Boyer (che proprio lei volle come interprete del personaggio): un artista impagabile nel sua parte prima di uomo devoto, pieno di lusinghe e di charme, e poi, al momento opportuno, di abile e crudele manipolatore della sua vittima.
Anche gli interpreti secondari sono all'altezza del loro ruolo: innanzitutto Joseph Cotten, che con la sua faccia bella e onesta e la sua precisa volontà di vederci chiaro, è il personaggio positivo in grado di invertire l'itinerario della vicenda e impedire che imbocchi una strada senza via d'uscita; e poi anche l'allora diciottenne Angela Lansbury, al suo esordio nel cinema, bravissima nelle vesti della servetta carina quanto spocchiosa e scaltra.
ll clima sottilmente inquietante di tutta la storia è accresciuto non poco dalla sagace alternanza di luci e di ombre, dalla nebbia oppressiva delle strade di Londra ai lumi a gas all'interno della casa (il suggestivo titolo originale - che è anche quello del dramma originario - è appunto Gaslight), la cui fiamma misteriosamente si affievolisce ogni sera suggerendo l'idea di misteriose e negative presenze.
Nell'insieme una pellicola di "notevole levatura" - come giustamente fu scritto a suo tempo nelle Segnalazioni cinematografiche (vol. XXI, 1947) - che tra l'altro non ha mai avuto imitazioni in tempi moderni; nessun regista di oggi, infatti, ha pensato di farne un remake, e non certo perché il soggetto avrebbe oggi poco interesse, ma perché il confronto con l'originale sarebbe probabilmente schiacciante.
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