Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Si può dire che Fellini qui cerchi di ripetere La strada (i punti di raccordo fra Gelsomina e Cabiria sono più d'uno), ma improntandolo ad una morale più fideistica, cattolica fino al midollo. C'è una speranza nascosta anche nel baratro più buio: questo è quanto. Eppure, se la si vuole vedere da un'altra, opposta prospettiva, Cabiria, personaggio molto più reale di Gelsomina (da clown in una fiaba a prostituta sui vialoni romani), nel suo rifiuto di abbandonarsi alla disperazione diviene quanto di più testardo e stolido possa concentrarsi nell'animo umano: dopo tanti anni di 'professione' è ancora disposta ad accettare ogni tipo di sopruso nel nome del vero amore. Sognatrice o illusa? Testarda o fedele? Candida o stupida? Certo è che la Masina ce la mette tutta e fa la sua bella figura (molto meglio qui che nella Strada), protagonista unica al centro della scena per tutto il film; Nazzari compare brevemente in una parte autoironica, Périer rende molto efficacemente un credibile Oscar (l'uomo delle speranze di Cabiria). E l'Oscar in effetti arriva. Primo finale corale alla Fellini.
Cabiria è una prostituta romana. A parte le solite aggressioni ed i clienti cafoni, se la passa abbastanza bene: ha una casetta sua ed un po' di soldi da parte; ingenuamente ancora crede nell'amore. Una sera, tramite il numero di un ipnotizzatore, conosce Oscar, timido ed apparentemente innamorato di lei. Entro breve i due fanno grandi progetti: ma ancora una volta Oscar voleva solo derubarla. Cabiria, di nuovo sola e povera, si aggrega a dei ragazzi che cantano, ancora una volta spensierata.
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