Regia di Massimo Andrei vedi scheda film
Roma, oggi. Sergio è un cinquantenne ex stuntman che da 5 anni è irrimediabilmente fuori dal giro, non tanto per la crisi di Cinecittà quanto per un brutto incidente durante le riprese di un action americano, che gli ha lasciato parecchi problemi fisici e di cui attende ancora il risarcimento assicurativo. Divorziato, con una ex moglie acida e avida e un figlio dall'appetito insaziabile, campa di lavoretti edili (quando la schiena glie lo permette) e soprattutto facendo il figurante vestito da gladiatore per i turisti in visita al Colosseo.Vive nell'estrema periferia con sua sorella Maria, appassita e disillusa divorziata che tira avanti come telefonista per una linea erotica.
Un giorno nella loro vita entra il clandestino Milan, ingegnere in Bielorussia, disposto qui da noi, come tanti suoi connazionali, a qualsiasi lavoretto malpagato pur di mandare soldi a casa. Comincia col sostituire Sergio, momentaneamente infortunato, sia come gladiatore che come imbianchino, e a poco a poco con la sua intelligenza, abilità e creatività diventa il vero sostegno economico dei due fratelli. I quali, per non perdersi l'inaspettata gallina dalle uova d'oro, lo tengono sotto ricatto sequestrandogli il passaporto; in più gli lasciano solo una parte minuscola dei suoi guadagni, col pretesto che dorme su una branda nel loro soggiorno. L'inventivo e instancabile Milan arriva a creare la perfetta riproduzione di una biga romana, copiata da quella del film BEN HUR: gli incassi decollano ma aumentano anche le invidie.
Si parte da una commedia teatrale del fecondissimo e pluritradotto Gianni Clementi messa in scena con successo nel 2010, interpretata dagli stessi attori che hanno poi partecipato al film, che lo stesso Clementi ha sceneggiato. Non ho avuto la possibilità di vedere l'originale, ma francamente questa versione mi è sembrata una cosarella tristemente innocua. Non è e forse non voleva essere un film comico, ma una commedia dolce-amara che affrontasse con leggerezza il tema attualissimo della povertà.
C'è sicuramente un intento di blanda critica sociale nella raffigurazione di questa continua guerra tra poveri, tra i quali il vivere di espedienti è la regola, i “buoni” non esistono e gladiatori e statue viventi si litigano le foto con i turisti; in queste sfatte e poco desiderabili massaie di periferia in vestaglia a fiori e ciabatte che per arrotondare fanno le operatrici di hot-line mentre sbucciano patate; nell'inquadratura sulle centinaia di parabole che tappezzano le facciate di alveari condominiali appena decenni ma già fatiscenti, dove si tarda a pagare l'affitto ma non ci si fa mancare la tv al plasma; o in quegli appartamenti senza un libro o un quadro, dove il massimo dell'aspirazione decorativa sono nuovi mobili dell'Ikea.
Purtroppo il regista Massimo Andrei non è Nanni Loy, le umane miserie, le autentiche crudeltà, le squallide menzogne sono bonariamente perdonate e la satira annacquata finisce per essere totalmente priva di mordente; ci sono un paio di momenti di autentica comicità e qualche battuta divertente, ma il resto è di una sconfortante mediocrità auto-assolutoria. Fra l'altro, su di una durata certo non fluviale di 98 minuti se ne potevano aggiungere 2 o 3 per rendere più giustificato il fulmineo e semi-incomprensibile finale.
Spiace sempre vedere talenti sprecati, purtroppo questo è l'ennesimo caso. Questo vale per la limpida fotografia di Vittorio Omodei Zorini, per la piacevole colonna sonora di Nicola Piovani e per tutti gli attori protagonisti: il Sergio di Nicola Pistoia è volgare, ignorante, antipatico, urlante, inutilmente sgradevole. Ai limiti della decenza la scrittura delle battute di Milan/Paolo Triestino, in definitiva un laureato in mezzo a gente con la quinta elementare, rappresentato come un pavido e belante idiot savant. Si salva l'eccellente Elisabetta De Vito, una Maria prima piegata e sottomessa, poi femminilmente rifiorita, infine spietata e vendicativa, l'unico personaggio scritto decentemente. Salvo poche, lodevoli eccezioni, anche questo è come la grandissima parte degli ultimi film italiani: desolante.
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