Regia di Lucio Pellegrini vedi scheda film
Essere superdotato è fondamentale per avere successo. C’è chi ha un grande cervello, chi ha un cuore immenso, chi ha un’anima meravigliosa, chi ha la fantasia e la corsa di Lavezzi. E chi, invece, ha ricevuto il dono di Rocco Siffredi e John Holmes. Perché non metterlo a frutto? Da questo curioso interrogativo di Nick Hornby - il film è tratto dal racconto omonimo del grande scrittore inglese - Lucio Pellegrini fa crescere la sua comédie (mélo)dramatique nella maniera più interessante e difficile. Rifiutando la scorciatoia della farsa degli equivoci pornosoft - tentazione in cui quasi tutti i suoi colleghi sarebbero caduti - e cercando una riflessione lieve e, allo stesso tempo, profonda sulla difficoltà d’essere genitori e anche figli, magari senza troppe qualità, in questo bizzarro presente. Il regista riesce a raccontare una famiglia piccoloborghese che «voleva il figlio dottore» - ma non il Dr. Trombhouse! -, disorientata dalla sua mancanza di talento come dalla scoperta del suo “enorme” segreto. Si ride il giusto (non perdete il balletto di Papaleo, altro che foca), si riflette fuori dagli schemi. E se Pietro Castellitto (figlio d’arte) fa il giovane utile idiota alla perfezione e Rocco si mette al servizio del film, Littizzetto è sorprendente in un personaggio dimesso che ne sottolinea il talento recitativo a scapito della maschera “guittesca”. Una strana coppia imprevista e indovinata, non banale. Come gli spettatori di cui ha bisogno.
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