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Royal Affair

Regia di Nikolaj Arcel vedi scheda film

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Scarlett Blu

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La recensione su Royal Affair

di Scarlett Blu
8 stelle

Film storico uscito in Italia con un anno di ritardo; recuperato grazie a SKY, credo non abbia avuto una buona distribuzione sul territorio, visto che dalle mie parti con un po’ di dispiacere, non è mai arrivato su grande schermo.

Ambientato in Danimarca nella seconda metà del Secolo dei Lumi, racconta una piccola e grande storia vera, poco nota, che in qualche modo ha saputo segnare e cambiare le sorti di un paese, in un' epoca che sarà attraversata da sconvolgimenti culturali e sociali alla fine del secolo.

L'elemento di maggior spicco, secondo me significativo, è il fatto che fu una donna una delle protagoniste importanti e fondamentali, considerato il ruolo subordinato che avevano le donne, anche quelle delle classi privilegiate, nel libertino '700.

 

Qui c'è la giovane regina di Danimarca, di origine inglese, Caroline Mathilde sposa dell’ instabile, insicuro re Christian VII, che assolti i suoi doveri coniugali di moglie, pare rassegnarsi al suo infelice destino di straniera poco benvoluta presso una corte ostile e retrograda, controllata dal clero (emblematica la scena con il prelato bigotto e ottuso, pronto in caso di estrema unzione, che rimprovera la regina che partorisce urlando) e dalla vecchia nobiltà feudale conservatrice, finché a corte non arriva il nuovo medico del re, Johann Struensee, uomo di umili origini, ma di idee illuministiche e moderne, che legge Voltaire e Rousseau, ed entra subito nelle grazie dell' infantile, poco saggio sovrano, al punto da manovrarlo come un burattino e influenzarne le decisioni politiche.

Tra il medico illuminato e la sovrana inquieta nasce una relazione clandestina che non è solo passione carnale, ma diventa veicolo di scambio di idee e voglia di cambiare il mondo, manovrando nell’ombra i fili che lo reggono.

Sarà così che il consiglio di stato danese si vedrà obbligato a far approvare nuove leggi anticonvenzionali e illuminate per il benessere del popolo, che prevedono il vaccino obbligatorio contro il vaiolo, l’ abolizione della tortura e della censura, la limitazione dell’appannaggio a vantaggio della nobiltà per pagare servizi ai cittadini di Chopenaghen, la fondazione di orfanotrofi; insomma, un vento di rinnovamento culturale che porterà la Danimarca fuori dalla arretratezza medioevale, almeno per un certo periodo.

Arriveranno anche le congratulazioni di Voltaire a un sovrano tanto lungimirante. La situazione naturalmente non potrà durare.

La corte è un covo di serpi; i ministri e la stessa regina madre non vedono di buon occhio il cambiamento e si sospetta il tradimento dei due amanti.

Ovvio che non andrà a finire bene per nessuno di quelli coinvolti, ma così è la storia.

 

La ricostruzione storica è buona, sorretta dalla scenografia senza fronzoli inutili, da una sceneggiatura pulita e rigorosa, senza slanci troppo audaci, e tramite la voce narrante della regina che dal suo esilio scrive una lettera per i figli che non potrà più incontrare, noi entriamo nelle vicende di palazzo, nei bordelli, nelle miserie umane e nelle meschinità, nei sentimenti e nelle azioni dei personaggi.

Nelle ottime performance attoriali, cogliamo l’isterismo nevrotico umorale di un Re incapace e senza carisma da leader che gioca a fare l’adulto e il misurato controllo mediato dalla passione di un medico idealista e concreto, che persegue il bene comune anche attraverso profonde contraddizioni del suo animo.

Delicata e convincente l’interpretazione della protagonista femminile, donna coraggiosa, aperta di mente e cuore, che regala una malinconica struggente regina tormentata e moderna, che per amore ma non solo, crede e abbraccia ideali di giustizia in un’ epoca di forti disuguaglianze sociali, come pochi uomini suoi contemporanei hanno saputo fare.

Forse la storia, e ad altre come lei, deve qualcosa.

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