Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Un lavoro molto accurato, approfondito, colmo di rispetto per una delle più grandi figure di showman mai avute dalla televisione italiana. E non solo: perchè Luttazzi è stato anche attore (indimenticabile il suo ruolo, come co-protagonista, ne L'avventura di Antonioni) e soprattutto musicista; Avati ripercorre la vita dell'artista triestino e scopre che ogni tappa fondamentale è sempre scandita da qualche nota musicale: Luttazzi abbandona gli studi universitari per dedicarsi a tempo pieno al pianoforte, entra in Rai come estroverso pianista e finisce per diventare presentatore col 'vizietto' del piano, e poi continua per tutta la vita a frequentare la tastiera con assiduità, tanto che la figlia Donatella non potrà che seguire le orme paterne, formando un quartetto vocale. A 85 anni Luttazzi è un uomo soddisfatto, comprensibilmente realizzato, che ha però ancora qualcosa di più che dei metaforici sassolini nella scarpa da togliersi: la galera all'inizio degli anni '70 - e più che altro le infamie che lo calunniarono e gli fecero perdere il lavoro e la sicurezza in sè stesso - è stato notoriamente il drastico colpo basso da cui mai si è completamente ripreso; Avati ha l'intelligenza di accennare il discorso senza approfondirlo eccessivamente, mostrando così nel migliore dei modi tutta l'ammirazione verso il personaggio che ha di fronte. Accanto alle immagini del regista e dello showman che chiacchierano nella casa romana di quest'ultimo, scorrono filmati di repertorio di quella che fu la Rai degli anni '50 e '60, quella dei vari Bongiorno, Kessler e via dicendo: un pizzico di nostalgia, certo, ma anche un paragone impietoso con quella che è la tv di mezzo secolo più tardi. 6/10.
Una lunga intervista con Luttazzi, 85enne in piena forma, che ripercorre nel suo salotto romano, insieme a Pupi Avati, la sua straordinaria vita da showman.
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