Regia di John Huston vedi scheda film
Quella grande fucina di soggetti che fu Tennessee Williams sta all’origine di questo arrischiato film che John Huston girò in un’impervia penisola del Messico. Le tematiche del grande autore teatrale americano sono ravvisabili solo per vie traverse: al centro dell’attenzione ci sono Dio e la fiducia in esso, il problema del credere in qualcosa o in qualcuno di superiore, il tormento di coloro che non riescono a trovare una risposta alla domanda più impellente dell’esistenza. Non ci vuole un maestro della psicanalisi per individuare dietro tutto ciò certi irrisolti disagi dello stesso Williams.
Huston alleggerisce l’imponente tema con una messinscena scattante e dinamica, densa di ritmo e avvincente, in cui riesce a far passare in secondo piano l’evanescenza di una trama tutto sommato trascurabile a tutto vantaggio dei personaggi, sicuramente più importanti della storia in sé per sé. Vissuto da tre star in gran spolvero: Richard Burton nei panni di un predicatore invasato ridottosi a fare la guida turistica, dedita all’alcool e all’autolesionismo; Ava Gardner che ha tutto un mondo da raccontare e non ancora capisce di essere una grande attrice; Deborah Kerr sornionissima pittrice casta e pura con nonno poeta morente al seguito.
Accanto a Dio si erge il tema del sesso, esibito (Burton con la minorenne), represso (la maestra di canto incarognita col mondo e la stessa Kerr) o praticato (Ava, i suoi concubini e il suo grande amore), costante dell’opera di Williams e già affrontato, qua e là, dal leggendario John (L’anima e la carne, con la stessa Kerr). Accarezzato da una fotografia calda ed avvolgente, fu insignito di un banale Oscar ai costumi in bianco e nero: e fu una delle tante nomination andate a vuoto di Burton.
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