Regia di Carlo Shalom Hintermann vedi scheda film
Come regalare un po’ di luce ai bambini uccisi dal sole. Anzitutto occorre imparare a pensarli come creature notturne, protagoniste delle fiabe che si raccontano al chiaro di luna. In un posto chiamato Camp Sundown si può credere che il buio sia una dimensione fantastica, in cui i sogni si vivono ad occhi aperti, ed è possibile giocare con le stelle. Il mondo inventato da Caren e Dan, i genitori della piccola Katie, forse è davvero sempre esistito. Bastava soltanto cavarlo dal suo nascondiglio, in cui giaceva sepolto dal pregiudizio. I bambini affetti da xeroderma pigmentosum, una rara malattia genetica, hanno una pelle fragile, che è incapace di resistere ai raggi ultravioletti, e dunque facilmente si ustiona e sviluppa tumori. Per consentire la loro sopravvivenza bisogna costruire intorno a loro una barriera di ombra, che può essere un cappello a falda larga, una maschera protettiva che copre il volto, oppure un ambiente con le lampade fioche e le tende scure alle finestre. Caren e Dan hanno dovuto creare, per la loro figlia, una sorta di eterno crepuscolo, che dalla loro casa si è trasferito poi in una struttura aperta al pubblico, una residenza estiva in cui i ragazzi come Katie possono trascorrere insieme le vacanze, divertendosi, socializzando, praticando sport. Quasi tutto avviene al chiuso, oppure di notte. Il documentario di Carlo Shalom Hintermann ci dimostra come si possa, anche negli anni dell’infanzia, fare a meno del giorno, e sostituire l’aria luminosa della bella stagione con le piccole incandescenze che imitano il tenue bagliore degli astri del Firmamento. Palline fluorescenti, lucciole, lanterne. Quei puntini colorati sullo sfondo nero sono braci che accendono la fantasia: nasce così il mito di Father Night, il padrone dell’altra metà dell’universo, quella che volta le spalle al fulgore della splendida Mother Day. Basta socchiudere gli occhi per vedere, in quella mancanza di luce, un regno in cui si versano tante lacrime, però è forte il senso dell’amore e della speranza. Il romanticismo e la retorica si sciolgono nella commovente semplicità dei tanti inserti animati, in cui lo sguardo infantile riduce la realtà ai pochi, essenziali tratti con cui si disegnano i mostri e le fate, gli amici e i nemici, i contorni stilizzati della vita e gli aloni confusi della morte. Miracoloso non è soltanto il coraggio con cui tutti, grandi e piccini, riescono a guardare al futuro; lo è anche e soprattutto il modo in cui una grave sventura può essere riportata alle comuni categorie della normalità, senza drammi che non rientrino nella consueta natura delle cose: si trema quando si ha paura, ci si addolora quando si perde qualcuno, si gioisce quando ci si ritrova. La diversità è solo un invito a riscoprire e conquistare, con le armi dell’immaginazione, ciò che per, la maggioranza, è soltanto un banale dato di fatto. The Dark Side of the Sun non è il frutto di una ricerca clinica, né di un’indagine sociologica intorno ad una patologia incurabile: è solo una testimonianza viva e diretta di una terribile antitesi che, dalle retrovie del visibile, sfida serenamente l’imperante ovvietà.
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