Regia di Bavo Defurne vedi scheda film
L’amore è un gioco che pochi sanno prendere sul serio. Può essere un divertimento triste, se si perde di vista lo scopo della realizzazione della felicità personale, per concentrarsi soltanto su ciò che, secondo la logica e la morale, risulta buono e giusto. Intorno al giovane Pim, il mondo appare stanco, stufo delle proprie abitudini e dei propri luoghi comuni, che pure continua disciplinatamente a coltivare: una serata nel solito bar, una limonata col colorante giallo offerta all’amico, un fine settimana trascorso al festival della fisarmonica. In un paesino belga affacciato sul Mare del Nord, sulla fine degli anni sessanta, la vita è tutta lì, chiusa ermeticamente nel circolo vizioso dei dati acquisiti, trasformati in certezze prive di interesse. Tutto è anonimo e tranquillo, nel circondario della casa di Pim, dove la madre prosegue il suo ripetitivo ménage affettivo con il principale di Gino. Gino è il migliore amico di Pim, Sua madre lo tratta come un figlio, e sua sorella è visibilmente innamorata di lui. La situazione è ferma ad un’evidenza che non ammette variazioni sul tema, e rimane rigorosamente fedele a se stessa fin nei minimi particolari, come quel vestito da sera di Yvette, che è sempre lo stesso, o come quel suo beauty case color crema, che la donna sistematicamente dimentica di prendere con sé. La realtà resta ostinatamente sulle proprie posizioni, quasi avesse paura della diversità e della sorpresa. Per sfidarla, occorrono fantasia e coraggio, e Pim ne ha da vendere. Di fronte alle cose che sente di amare, non si tira mai indietro: le vede, le ammira, le studia e infine le fa sue, come le tappe di un progetto di conquista. Pim raccoglie oggetti e ritrae volti. La sua mente cattura, nell’ambiente circostante, gli elementi in cui si riconosce. Un rossetto per le labbra, una coroncina da reginetta di bellezza, ed il corpo di Gino, verso cui lo attira una passione segreta, eppure abbracciata con sincero trasporto e senza riserve. Nelle retrovie dell’esistenza, due ragazzi hanno inventato una verità alternativa, che si nasconde soltanto per poter essere libera, e non lasciarsi contaminare dalla banalità od ostacolare dalla miopia. Per non incontrare l’attrito con l’ovvietà di cui è lastricato il sentiero della routine. Per inseguire una crescita che passi effettivamente attraverso il rinnovamento, la creazione di percorsi originali, il miglioramento e l’approfondimento, e tutto ciò che potenzia le capacità ed allarga il campo del possibile. Montare su una bicicletta, e poi su una moto. Sperimentare per scherzo il proprio erotismo, e poi trasformarlo nell’espressione di un’intimità condivisa. Provare il gusto della trasgressione e poi accorgersi che quella, lungi dall’essere il semplice sfogo di una curiosità, è la manifestazione più profonda ed autentica del proprio essere. Difendere le proprie scelte dall’altrui pregiudizio non è poi così difficile: basta non curarsi di quello che gli altri dicono o pensano. Yvette continua a cambiare compagno, e lo fa alla luce del sole, lasciando che la gente mormori. La battaglia più dura è, invece, far sopravvivere ciò in cui crediamo alla devastante prova del dolore: riuscire a reggere il confronto con l’enormità di quell’abisso è la conferma definitiva, che consegna un atto, un’idea, un’emozione alla sovrumana sfera della trascendenza. Pim e Gino si allontaneranno, per un attimo, sospinti dalle onde di superficie di un mare dal basso fondale, in cui tutte le correnti portano a terra. Poi una tragedia scatenerà una tempesta, che sgombrerà lo specchio dell’acqua, restituendolo limpido, liscio e privo di direzioni obbligate. Solo allora il linguaggio potrà diventare diretto, abbandonare l’intermediazione dei simboli, per parlare apertamente, dicendo con chiare parole tutto ciò che deve essere detto. Lo sfondo di North Sea Texas è uno scorcio di universo ingiallito, e non solo per l’effetto cromatico di una fotografia invecchiata: è un pezzo di storia che sa di stantio per il naturale decadimento dei suoi rugginosi cliché. Tra i rottami c’è però un’erba giovane e selvatica, che spunta e si fa strada verso il cielo: prima di salire, prende la ricorsa scandendo l’alfabeto, come per fare il verso alla monotonia delle regole che si insegnano ai bambini. E quindi, spudoratamente, scioglie la rima per spiccare il volo.
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