Regia di Marco Salom, Cristian Biondani vedi scheda film
Non siamo dalle parti dei concerti anni 70 che finivano al cinema e neanche da quelle di Demme & Neil Young, Scorsese & Harrison o Scorsese & Rolling Stones. Ma se siete stati a un Liga Day, saprete che questo è un nuovo modo di andare e stare al cinema. Campovolo è la Woodstock normale di una rockstar della porta accanto che torna a fare il profeta in patria e si ritrova in un bagno di folla (120 mila persone, anche secondo la questura) quasi anacronistico rispetto all'asfissia che sta vivendo la musica italiana, tra grandi nomi che si dimettono da se stessi e scarichi distratti di hit Usa e getta. Ligabue, con le debite proporzioni, è lo Springsteen italiano, uno che parla al suo popolo con un linguaggio evocativo, fatto di immagini e aforismi proletari. Se canta Buonanotte all'Italia e siete a un concerto, provate a non sentirvi con e come lui quando compaiono Berlinguer o Falcone e Borsellino, quando arriva I duri hanno due cuori o Urlando contro il cielo, provate a non cantare. Questo succede, ai Liga Day come in Ligabue Campovolo. Il film . Si inizia seduti, si finisce in piedi a cantare e a battere le mani. E il 3d, pur non eccelso, ti aiuta ad abbattere la barriera dello schermo, con il lavoro di Biondani sul live e di Marco Salom sui frammenti della vita da mediano, tra palco e realtà, di Luciano Ligabue: i tre amici di sempre, il mitico Maioli, il dietro le quinte “incazzato”, i ricordi. Pane al pane.
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