Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
La firma pasoliniana ha costruito la cornice ma il contenuto della tela appartiene più a Bolognini che non al poeta friulano.
E’ probabile che anche davanti a opere come questa Pasolini decise di dirigere da sé o propri copioni,perché Bolognini pone un sorriso.magari a denti stretti,dove Pasolini avrebbe messo un silenzio carico di pianto.
Rivisto oggi,La notte brava è un ‘opera generosa che ha più grazia che disperazione e che non appare invecchiata,grazie soprattutto a una pulizia registica qua e là ovattata che corregge lo zolfo della scrittura pasoliniana.
Un po’ in contraddizione con lo spirito della fonte letteraria,Bolognini con la sua cinepresa attutisce l’urto della tragedia covata nelle strade di una Roma che si lascia disturbare nel sonno,e inanella una serie di situazioni di affaticata immaturità ancora legate alla struttura fortemente aneddotica delle precedenti prove di Bolognini(come per esempio quel piccolo gioiello che è Giovani mariti) ,cuore di un film che appare,oggi,più un’affettuosa e acidula commedia di costume che non il quadro di un’umanità logorata.
Questi ragazzi(e ragazze)di vita,così amati da Pasolini,qui sono un po’ troppo pettinati,aderenti a quell’estetica giovanile che riesce a riemergere da tutte le vicende con il volto ancora pulito,per cui non è impossibile immaginare una redenzione,uno slancio verso una condizione migliore,con interpreti sicuramente attraenti ma quasi tutti distanti dalla verità somatica richiesta dai loro personaggi,dai bravi Terzieff e Brialy(che hanno virtù personali ma sono anche troppo coscienti della loro evidente disinvoltura,penalizzati anche dalla sciagurata esigenza del doppiaggio che falsa l’intercalare romanesco) alle fascinose presenze femminili(Martinelli,Lualdi,Schiaffino) di indubbia appetibilità ma del tutto improbabili come lucciole o figlie del proletariato.
A rendere tutto più credibile pensano Franco Interlenghi e la luminosa Anna Maria Ferrero,elegante come una regina della plebe e sinceramente brava.
Il girovagare e il reciproco imbrogliarsi di questi ragazzi che consumano in fretta gli amori,bruciano le promesse e non hanno tempo di addormentarsi sulla schiena della fortunata di turno,somiglia più alle fughe vitellonesca dalla realtà che non alla parabola dei vinti cara a Pasolini,e non acquista mai l’urlo di dolore della povera gente senza difese confinata nella sala d’attesa della speranza.
Bolognini propone l’infortunio morale di giovani che ancora non hanno provato a vivere davvero,e non preclude loro la possibilità di tentare,di andare,di credere,risparmiandoli da un’irrevocabile situazione di scacco.
La parsimoniosa tenerezza che celebra le avventure di questi timidi guappi si avvale delle luci malinconiche e vibrate del maestro Nannuzzi e del contributo languido e avvolgente della partitura musicale di Piero Piccioni.
Memorabile guascone di borgata,con corpo e voce che si perdono e si ritrovano nel grande scenario romano
Per audacia fisica il più contemporaneo nell'aspetto,con un volto asimmetrico e ombroso di reticente deliquente completato da due occhi limpidi e sospettosi,purtroppo penalizzato dal doppiaggio.
Moderna immagine di una femminilità la cui postura è troppo borghese per rendere giustizia alla furbizia intrigante delle pollacchelle romane.
Due occhi di brace e un'indolenza motivata,anche se marca troppo spesso un distacco dal suo personaggio che a volte appare come un senso di sufficienza
Presenza notevole,la più credibile con Interlenghi,anche se paga come Terzieff la sovrapposizione di una voce e che non è la sua
Immagini limpide che consolano le tristi vicende di giovani a un passo dalla sconfitta,cui Bologni concede un rifugio di ombre che non incutono paura e una clemenza che li frena prima di una definitiva caduta.
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