Regia di Sam Wood vedi scheda film
Che sia completamente gestuale (Harpo), parossisticamente verbale (Groucho) o un felice mix tra le due (Chico), la comicità dei fratelli Marx non dà tregua. I numeri da manuale si sprecano: la cabina stipata fino all'inverosimile, il contratto che si accorcia a ogni lettura, il discorso incomprensibile dei finti esploratori, e soprattutto il clou finale, la distruzione "scientifica" della prima newyorkese del Trovatore, tanto per citarne solo alcuni, sono radicati nella memoria collettiva di generazioni di filmgoers. Tutto cio' è senz'altro quanto di meglio i Marx abbiano mai fatto e faranno negli anni a venire. Eppure, che Una notte all'opera sia il loro capolavoro (ammesso che importi davvero stabilire quale sia il capolavoro di questi geni del cinema) è opinabile. I frequenti - sovente melensi - intermezzi musicali della coppia Carlyle-Jones e la relativa compiutezza della trama diluiscono quell'atmosfera di baraonda che regna senza soluzione di continuità nelle loro prove precedenti, da The Cocoanuts del 1929 a La guerra lampo dei fratelli Marx del 1933, e che è loro cosi congeniale. Cio' non significa certo che i Marx appaiano qui più irregimentati del solito, ché anzi il contrasto tra la seriosità del mondo della lirica e la loro tipica verve iconoclasta produce effetti particolarmente scoppiettanti. Ma è meno visibile qui il puro elemento anarcoide, la critica non troppo velata alla società dei parrucconi, dei guerrafondai e dei maggiorenti (quanti sberleffi, qui e atrove, per la povera ma indistruttibile Dumont). Manca, e ci manca, la risposta tipica dei fratelli Marx a un mondo che crede ciecamente alle sue magnifiche sorti e progressive: il perseguimento sistematico del caos.
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