Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Il mondo di Antonioni è un teatro lunare di personaggi legati dal vuoto, attratti dal buco nero del non detto. L'universo umano è una galassia, in cui i destini individuali si muovono come corpi celesti in rivoluzione. Ogni incontro è la momentanea sovrapposizione di due campi gravitazionali, che provoca una lieve deviazione della traiettoria, senza però sconvolgere le congiunzioni planetarie. Ognuno rimane vincolato alla propria orbita, che per Giovanni è l'orbita-scrittore, e per Lidia l'orbita-donna. Il volo attraverso il cielo non è quello libero e leggero degli angeli e della fantasia, bensì quello meccanico e rumoroso di un apparecchio, obbediente alle severe leggi della fisica. La notte è lo spazio interstellare privo di ogni luce, il buio completo che racchiude un'illusione di unità, mentre, di fatto, è il deserto in cui si perde l'eco muta del dolore incondiviso. Antonioni attinge dal noir – dalle note del jazz, dall'aroma del whisky, dall'aria viziata dei night club - il senso di una cupa e tragica armonia. Egli è la voce fuori campo che intona la musicalità ovattata di un suono monocorde: un fischio prolungato che si spegne, in lontananza, mano a mano che la vita procede, dritta e lenta, verso il nulla. In questo film lo schematismo formale è l'immagine della totale inutilità del nostro agire nell'imperturbabile, precostituito ordine del cosmo, che è, a conti fatti, un perfetto sistema di incomprensibili, incomunicabili ed eterne solitudini.
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