Regia di Maryam Keshavarz vedi scheda film
Per i giovani dell’Iran post-khomeinista, la trasgressione è, nel contempo, sogno e disperazione. E, nel film di Maryam Keshavarz, è una rosseggiante incandescenza che squarcia la luce blu delle illusioni represse. La storia è immersa in un universo insonnolito, solo a tratti scosso da un sussulto allucinato. I mondi maschile e femminile sono separati, perché gli uomini interpretano la vita come schiavitù (nei confronti della religione, della tradizione, dei vizi e degli istinti), mentre le donne incarnano lo spirito della libertà (costretto, però, a rimanere nascosto dietro a un velo di pianto). L’apparenza ha la patina pallida e fredda dell’anonimato, mentre l’intimità ha i colori intensi delle verità profonde e personali, esclusive, e quindi proibite. Per Atafeh e Shireen, due ragazze che segretamente si amano, la ribellione è un moto interiore, che si esprime attraverso le scelte sentimentali e le passioni artistiche, e si nutre di immagini oniriche. È un volo fatto col cuore, che non si traduce in parole e non fa rumore, ed è ben diverso dagli schematismi politici stereotipati attraverso i quali i loro coetanei maschi concepiscono il meccanismo della rivolta. Atafeh e Shireen non intendono andare per le strade ad urlare slogan ed inneggiare alle abusate icone di Che Guevara o Harvey Milk. I loro progetti sono vaghi desideri pronunciati in un bisbiglio, che le trasportano idealmente fuori dal loro mondo, verso un luogo in cui si può fare carriera nella musica o ballare la danza del ventre in un night club. Forse quel posto è Dubai, forse è Hollywood. È in un punto imprecisato del globo, ovunque la donna non abbia un ruolo definito dal sistema, ma sia semplicemente un essere vivente, fatto di spirito e di carne, di emozioni da condividere e di una bellezza da mostrare. Nella loro terra natia, invece, Atafeh e Shireen sono vittime di una società patriarcale che, pur non avendo alcun potere sulle loro coscienze, è però in grado di punirle e di umiliarle. Anche il controllo educativo da parte dei genitori è ormai venuto meno: Shireen è orfana, mentre Atafeh ha un padre benestante e conservatore, che pure non ha potuto impedire che suo fratello Mehran scappasse di casa per diventare un tossicodipendente. L’Iran della rivoluzione islamica è allo sbando, travolto, presso le nuove generazioni, dal fascino esercitato dai modelli occidentali. Al regime di ispirazione fondamentalista rimane, come unica arma, quella della violenza repressiva, che castiga i comportamenti considerati devianti, pur non potendo far nulla per prevenirli. Le misure adottate risultano eccessive e grottesche, come lo sono sempre gli estremi colpi di coda dei totalitarismi in declino: così due ragazze sorprese a viaggiare da sole di notte a bordo di un'auto sono arrestate e trattate come prostitute, ed uno studente iraniano laureatosi a Harvard, che con gli amici decide di doppiare un film porno in lingua persiana, viene considerato una spia americana. Tali sono le circostanze create da coloro che erano giovani trent’anni fa, e che, ora, agli occhi dei loro figli, risultano anacronistiche ed inaccettabili. Quest’opera ci rivela come, nell’Iran dei giorni nostri, il conflitto generazionale si estenda ben oltre i classici contrasti riguardanti la questione dei matrimoni combinati: ad essere contestata è un'intera eredità di valori, che pone l’individuo in secondo piano rispetto ad un rigido impianto normativo, che pretende di regolamentare, innanzitutto, l’andamento della vita familiare. Il lato autentico della persona è un sottinteso messo a tacere dalle circostanze, e quindi trasformato in un dramma strisciante, che scorre silenzioso sotto la superficie degli eventi ufficiali: è il pensiero inconfessabile che fa da contraltare all’azione, è la spontaneità che viene sovrastata dall’applicazione delle regole. Chi, come Atafeh e Shireen, in questo contesto disumanizzante riesce a far respirare il dolore della propria anima, rappresenta il nuovo; il mullah, i genitori di Atafeh, e lo stesso Mehran, rientrato nei ranghi dopo la sua deriva adolescenziale, incarnano invece il vecchio, lo spirito di un’epoca in cui si pensava che l’ordine e la giustizia potessero essere garantiti solo mediante un'accurata gestione della vita sociale. Pianificare, organizzare e vietare sono i principi che, in questo modo, si sono sostituiti alla ricerca della felicità. Il brusio di fondo, nella tormentata vicenda di Circumstance, è il lamento emesso dalla naturalezza, quando questa si sente schiacciata e respinta, e dunque geme e si contorce. È un suono sommesso e sussurrato, come quello con cui parlano gli amori clandestini, e come quello prodotto da coloro che non hanno voce.
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