Regia di Sylvain Estibal vedi scheda film
Un maiale ci salverà. Questo l’assunto del film di Estibal. Lo scrittore uruguayano esordisce dietro la macchina da presa con una commedia brillante e amara, che strappa sorrisi e induce in più d’una riflessione. Il conflitto arabo israeliano visto dal basso, attraverso gli occhi di Jafaar, un umile pescatore palestinese. Il soldati israeliani sono di stanza sul tetto della sua abitazione, il suo peschereccio non può allontanarsi dalla costa, la miseria è alle porte e nella sua rete rimane impigliato un maiale vietnamita.
Il maiale è un animale impuro, non solo per i palestinesi, ma anche per gli israeliani. Va eliminato, questa è la regola dei due popoli. Ma i singoli individui, delle regole, iniziano a infischiarsene. Jafaar per disperazione. Yelena, giovane colona israeliana, per opportunità.
Il film di Estibal mette il dito in tante piaghe del conflitto mediorientale, i kamikaze, il fanatismo e l’indottrinamento che ricade sui bambini. Lo fa con grazia, senza assumere posizioni rigide, ma invita ad allargare lo guardo e le menti, con il soldato israeliano che guarda la telenovela insieme alla moglie di Jafaar, o con il commando israeliano unito a quello palestinese all’inseguimento dell’animale impuro, protetto dalla sola Yelena. O ancora con la moglie di Jafaar che conduce per mano un bambino israeliano. Non mancano le risate, con il maiale travestito da pecora (e mi è tornato alla mente Operazione sottoveste) e il finale del film sconfina nel surreale.
Ma surreale è questo film o la situazione del medioriente?
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