Regia di Olivier Nakache, Eric Toledano vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=wLjK2EHE30o
Un emarginato (perché portatore di un gravissimo handicap), incrocia, quasi per caso, un altro emarginato (perché passa la sua vita fra una banlieue ed una prigione) e prende il via una bella "commedia drammatica". Perché certe volte è solo una questione di alchimia… e di cuore. Non serve improvvisare (o, viceversa, studiare a tavolino) qualche maldestro bla, bla bla (anche in sede di scrittura dello script). Semplicemente, piuttosto, basta alzare lo sguardo dal proprio ombelico e proiettarsi dritti dritti verso una certa meta (qualunque essa sia)… in attesa che la gendarmerie drizzi le orecchie!
Zero tempi morti e questo è un primo pregio. Il film di O.Nakache e É.Toledano ingrana la marcia giusta fin da subito e spinge a tutta velocità (letteralmente). Abbondanti iniezioni di autoironia ed una comicità sguaiata ed irriverente tradiscono l’impresa impossibile che il duo si era prefissato: esorcizzare un dramma totale; un male assurdo, che si ripete ogni istante della vita. E, intanto, le immagini di una Francia che viaggia a due velocità scorrono confuse dai finestrini di una Maserati.
Come le immagini di una Parigi distratta, le cui banlieue non ardono più in maniera appariscente (come solo fino a qualche anno fa), ma i cui fuochi covano ancora sotto le ceneri d’inveterati e mai sopiti malesseri sociali.
Immagini di contrasti che si rincorrono incessantemente, come per il caso di una mansione esclusiva, eppure durissima, che sconforta qualsiasi candidato nel giro di poche settimane. O come quelle di un’opera di alto artigianato casalingo (il dipinto su tela di Driss) che viene spacciata (giocando sulle contraddizioni del mercato dell’arte contemporanea) per un pezzo pregiato, da non lasciarsi scappare! O come Driss medesimo, che all'inizio del film sembra un elefante in una cristalleria, ma che, man mano che passano i minuti, assume sempre più le fattezze di un angelo custode. Un cherubino d'ebano che si allontana sul lungomare (bradipo68).
Il film ha, dunque, il grande pregio di usare l’arma di una spensieratezza solare e scanzonata per insegnarci quanti danni possa fare la compassione (soprattutto se affettata). A ben vedere, il film ha, nondimeno, il (piccolo) demerito di non tenere troppo alla larga i soliti clichè e di abusare di un umorismo (apparentemente) scorretto per distrarre (almeno nelle intenzioni dei suoi autori) l’attenzione dello spettatore più ingenuo dai risvolti più crudi di una tragedia quotidiana; sennonchè riesce solo ad evitare di essi fare oggetto di anche solo un’inquadratura (tutte - esteticamente - molto belle). Alla fine il guanto di lattice viene indossato, ma una “cortese” dissolvenza ci prepara subito ad una scena meno “intima”.
Confezione, dunque, inappuntabile e dall’aspetto un po’ modaiolo, ma, in tutta onestà, è proprio quello che ci voleva. Quasi amici è un film che non commuove mai per forza. Che diverte e fa riflettere. E tanto basta. Si ha, sì, la sensazione di aver visto molto di più di quello che realmente ci è stato proposto, ma è il cinema bellezza, che ci vuoi fare (ROTOTOM).
E l’incisiva colonna sonora di Ludovico Einaudi fa il resto… soprattutto quando partono gli Earth Wind & Fire (mentre i Kool & the gang rimangono fra le “referenze”)!
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