Regia di Olivier Nakache, Eric Toledano vedi scheda film
Philippe è bianco, ricco e tetraplegico. Driss è nero, povero e fisicamente prestante. Philippe vive in una reggia circondato da servitori e fisioterapisti che lo mantengono agganciato ad una parvenza di vita. Driss è un abitante delle banlieue parigine, solo, dedito a piccoli reati per sfangare la quotidianità senza futuro. Quando Driss diventa il badante del burbero Philippe l’alchimia tra i due lenirà i rispettivi dolori unendoli per sempre in una profonda amicizia. Quasi amici dei registi Olivier Nakache e Eric Toledano è la commedia tratta da una storia vera, campione di incassi in Francia e capace di sporcare un po’ l’immacolato trionfo di The Artist ai premi César, imponendo a sorpresa il comico Omar Sy – Driss - quale Miglior Attore sul premio Oscar Jean Dujardin.
Commedia agrodolce sulla diversità e sull’incontro degli opposti che come tradizione, si attraggono, il film riesce a mantenere l’equilibrio per rendersi piacevole senza affondare i colpi in nessuna direzione. Quindi, umorismo politicamente scorretto tramutato in assenza di pietas per il disabile che non vuole essere compatito. Asprezze della condizione di disabile subito ammortizzate da immediate sdrammatizzazioni a carattere lenitivo. La diversità culturale è delineata su cliché un po’ paraculi che ammiccano ad una demistificazione dei tabù di stampo populista. L’arte, i cavalier, l’arme e gli amori vengono allegramente smontati e ricomposti a misura di carrozzella tenendo ben presente la sensibilità degli spettatori mai urtata da qualsivoglia espediente narrativo o immagine a dir si voglia. Nel mondo possibile creato per il film l’utopia retorica è densa da tagliare con il coltello, la diversità è arricchimento contro ogni previsione e una risata vi seppellirà. Amen. Se non fosse una – romanzata – storia vera si potrebbe parlare di fantascienza utopica di una società in mutazione progressiva. In realtà l’equilibrio è tale e il gioco tanto sconsideratamente scoperto da risultare appassionante seguire le vicende de “La bella e la bestia” in versione diversamente abile. Driss, portatore sano di una certa filosofia di vita urbana che si frega delle convenzioni, quando entra nell’immota casa delle bambole di Philippe crea il più classico dei cortocircuiti innescando situazioni da commedia alternate ad – accennate - riflessioni sull’esistenza, sull’amore, sull’importanza di continuare a vivere a dispetto delle apparenze e della condizione sociale.
Lasciamo perdere che Philippe sia vergognosamente ricco e Driss vergognosamente bello, pulito e onesto per essere uno che annaspa nella suburbia parigina. Ricorda un po’ la cenerentola melensa di Pretty Woman prelevata dalle strade e sparata tra le stelle. Non importa, solo i francesi riescono a creare questi inganni senza melassa e rimanendo un gradino sotto lo slapstick.
Così ci si diverte, si ride di gusto – alcune scene sono irresistibili - e si ha la sensazione di aver visto molto di più di quello che realmente ci è stato proposto. E’ il cinema bellezza, che ci vuoi fare.
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