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I Want Your Love

Regia di Travis Mathews vedi scheda film

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La recensione su I Want Your Love

di alan smithee
6 stelle

"I want your love" ha in realtà due anime, che corrispondono a due sviluppi, due durate, due dinamiche: un originario corto di 14 minuti, quello indicato nella scheda qui sopra, e una sua rielaborazione, a due anni di distanza dal primo: in un certo senso una sua dilatazione di 70 minuti che lo rende un lungometraggio "corto", e dunque un vero e proprio film destinato (da qualche parte, in qualche paese) alla distribuzione in sala. Questo è quello che ho visto io l'altra sera nella "mia" solita saletta francese.
Penultima opera del celebre regista gay Travis Mathews, poco prima di "Interior. Leather Bar" in cui il cineasta, assieme alla star James Franco, rielabora il concepimento dei 40 misteriosi minuti tagliati ed andati perduti nel discusso film "Cruising" del grande William Friedkin, I want your love coniuga nostalgia di un'epoca destinata a terminare, alla voglia di cambiare, o quanto meno di tornare alle proprie radici da uomo cambiato e consapevole delle proprie passioni. Insicurezze, desideri sopiti, la passione irrinunciabile di godere fino all'ultimo dei piaceri carnali, di amori ed amicizie magari più passionali ed esteriori che intense a tal punto da divenire esclusive. Ne esce il ritratto dolce amaro di una generazione di trentenni insicuri di portarsi avanti con relazioni dalle basi solide, ma più propensi a godere dell'estasi del momento. Mathews, come già dimostrato nell'intimistico "In their room" (presentato assieme a questo e al già citato "Interior. Leather Bar" all'ultimo Torino GLBT 2013, è uno dei registi più attenti e sensibili alla rappresentazione dell'intimità della coppia, quella gay nel caso specifico. La sua filmografia è schietta e senza veli nel rappresentare l'affiatamento della vita intima, la condivisione di un letto, il rapporto nudo e crudo nella sua interezza. In questo che poi è il suo vero esordio in una produzione di fiction (anche se l'aspetto documentaristico fa ancora da padrone sulla storia, accennata volutamente quasi in bozza), il regista ha certamente inteso rappresentare situazioni in cui potessero rispecchiarsi molte coppie, non necessariamente omosessuali, nella gestione del proprio rapporto, nell'evoluzione di un sentimento che col tempo muta e corre il rischio di trasformarsi in una routine che uccide la spontaneità e la piacevolezza o l'entusiasmo dei primi incontri. Quasi un grande freddo di trentenni insoddisfatti, ma anche speranzosi, vitali e ancora in grado di provare qualche scampolo di sentimento che ben si coniuga con un pizzico di ironia, strumento indispensabile per affrontare con una marcia in più l'incognita e l'ebbrezza di un cambiamento durante questo primo assaggio di secolo che non nasce propriamente nel segno più marcato di un ottimismo sfrenato.

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