Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
“Ben nota” ai servizi segreti statunitensi, e allo stesso tempo “malfamata” per il ruolo svolto dal padre durante la guerra, Alicia Huberman esce sommessamente dall’aula di tribunale dove ha assistito alla condanna del genitore per spionaggio. La giovane viene circondata da curiosi e giornalisti mentre la telecamera incorona, sotto una larga falda, una meravigliosa Ingrid Bergman.
Protetta dal cappello funereo la giovane Huberman lascia il palazzo di giustizia e torna a casa dove amici e conoscenti si uniscono per una sbronza liberatoria. Tra gli ospiti vi è un uomo misterioso di cui Hitchcock apparentemente non si occupa. La telecamera lo ignora piazzandosi alle sue spalle e lì rimane fin quando il regista mette le carte in tavola presentando l’agente Devlin (Cary Grant). La sequenza è fascinosa ed equivoca. Gli invitati si muovono nello spazio dell’abitazione tra balli, futili chiacchere e drink mentre l’ospite rimane in attesa che gli animi si plachino e gli alcolici finiscano. La pazienza del regista è infinita mentre l’attenzione del pubblico, dirottata sulla festa, non è affatto colpita dalla figura solitaria che sembra una semplice comparsa. Dopo le presentazioni tra Devlin e Huberman, e dopo la notte di bisboccia trascorsa insieme, Alfred Hitchcock affronta il risveglio di Alicia con una sequenza molto spettacolare che prende vita da un bicchiere appoggiato sulla sedia di fianco al letto della ragazza. Il bicchiere ricorda quello di “Suspicion” il cui candore era accentuato da una delle tante straordinarie trovate di Alfie, ovvero una lampadina posta al suo interno. Spiritoso e vanitoso allo stesso tempo Hitchcock gioca con il proprio pubblico invitandolo a pensare alla scena, quella in cui il damerino Johnnie Aysgarth (Cary Grant) portava alla moglie Lina (Joan Fontaine) un bicchiere di latte aggiustato con il veleno. “Suspicion” alterò la fama di Cary Grant, ormai destinato, agli occhi del pubblico, a ricoprire i panni di personaggi ambigui e ben lontani dall’immaginario su cui i produttori avevano investito prima di Hitchcock.
Il bicchiere sulla sedia è dunque un pretesto per confondere il pubblico, un gioco birichino ed infantile da cui la telecamera stacca ben presto per fermarsi su Alicia che, prona sul letto, inquadra a fatica la figura intera di Grant sull’uscio della camera. Qui c’è probabilmente la scena “wow” dell'intero film con una caleidoscopica inquadratura che ruota di 360 gradi sul proprio asse per simulare il lancinante mal di testa di cui la donna è, comprensibilmente, affetta nonché la difficoltà di mettersi in posizione supina. Stavolta Grant non è il sospettato ma il pubblico per un po’ lo crede grazie all’attenzione posta sul bicchiere colmo e al sorso ingurgitato da Alicia di mala voglia. La burla è servita.
La sequenza girata nella camera da letto è probabilmente la più interessante dal punto di vista tecnico eppure vi sono altre due scene imprescindibili che ricorrono più avanti quando Huberman e Devlin sono a Rio de Janeiro dove la vicenda di spionaggio è ambientata. La prima sequenza è fortemente carnale. Devlin e Alicia si baciano con trasporto. Le guance si sfregano, i nasi si sfiorano e le labbra si esplorano vicendevolmente. È una scena scampata alle cesoie di Hollywood grazie alla furbizia di Hitchcock. A quei tempi, infatti, un bacio aveva una durata prestabilita. Non si poteva sforare. Così Hitch fece in modo che Grant e Bergman alternassero i baci con altre effusioni. Nel complesso la sequenza del bacio (o dei baci) fece il record di durata e permise, attraverso una forte tensione sessuale, di descrivere il legame esplosivo tra i due protagonisti. L’alchimia è pazzesca e la cornetta del telefono nella quale parla Devlin, tra un bacio e l’altro, sembra assumere un ruolo feticista ed erotico. La storia d'amore tra i due è appena sbocciata e già viene messa sotto pressione quando Devlin viene convocato dai superiori. Mentre l'agente è nel quartier generale dei servizi segreti americani, il regista inquadra una bottiglia di champagne dimenticata sulla scrivania del capo. Lì per lì il particolare appare insignificante e solo a conclusione della storia si riesce a dare uno senso alla fugace apparizione. La pellicola è immersa nell’alcool dall’inizio alla fine, dalla festa in casa Huberman al ricevimento in casa Sebastian dove Alicia è chiamata ad espletare il proprio ruolo di moglie del nemico nazista e spia americana. Ma, cosa ben più importante, il MacGuffin è una bottiglia di vino. Tutto gira intorno ad essa: suspence, omicidi, baci appassionati e amori pericolosi. Con il senno di poi l'oggetto di vetro dimenticato sul tavolo è un indizio lampante dell'evolversi dell'intera pellicola, una storia di amore, di incomunicabilità e di patriottismo per assecondare il quale è necessario prendere decisioni dolorose che coinvolgono la sfera sessuale e sentimentale.
Con “Notorious” Alfred Hitchcock si congedò dagli eventi bellici e dalla lotta al nazismo. Il pubblico apprezzò. La pellicola guadagnò otto volte il budget. Tutti felici, dunque: R.K.O. che distribuì e Selznick che produsse e vendette alla major i diritti. Molto meno Joseph Hazen, produttore a cui fu sottoposto il soggetto ma che declinò l’invito a produrre il film poiché trovò sciocca l’idea di una storia di spionaggio che ruotasse intorno ad una partita di uranio e alla costruzione di una bomba atomica. Era il 1944 quando vennero stese le prime idee. Hiroshima era ancora lontana. Hitchcock era a conoscenza dell’esistenza di imprecisati esperimenti condotti in New Mexico, grazie alle soffiate di un amico scrittore, ed era al corrente delle ricerche naziste sull'acqua pesante. Il produttore non lo era così si lasciò sfuggire la ghiotta occasione di produrre un film che trattasse di un illecito commercio di uranio. Il rammarico fu ancor maggiore quando Hitchcock, incontrato per caso durante un viaggio lo redarguí bonariamente perché aveva "creduto troppo" in un MacGuffin "sbagliato" invece di soffermarsi sulla centralità del racconto. Per il maestro "Notorious" era, semplicemente, una storia di sentimenti, un triangolo amoroso e la consapevolezza di poter riparare ad una sciocca ed infantile presa di posizione con un gesto eroico e di scaltra furbizia. L'uranio e la bomba non c'entravano nulla con l'amore tra Devlin ed Alicia. Per Hitchcock, forse. Di fatto, però, il "MacGuffin sbagliato" di Hazen, che costò ad Hitch tre mesi di pedinamenti da parte dell'intelligence americana, fu il pretesto giusto al momento giusto. La bomba fece la storia e rese immortale l'amante perduta. (V.o.s.)
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