Regia di Tony Kaye vedi scheda film
È un film sugli abitanti delle periferie urbane: sui ragazzi sfiduciati del futuro e sprezzanti verso la scuola, sugli adulti indifferenti alla vita dei figli. E anche sugli insegnanti, frustrati e in piena crisi di identità.
Il film – che si apre in esergo con una frase di Albert Camus – è la storia di un professore americano di letteratura, Henry Barthes (Adrien Brody), uomo sulla trentina, che vive da solo, e che sembra aver fatto del distacco emotivo la cifra della sua vita e del suo lavoro.
Questo distacco è la conseguenza di un vissuto non particolarmente felice, a cui, attraverso rapidi flashback, il film accenna: assenza del padre; madre suicida; nonno dal passato inconfessabile.
Queste le ragioni probabili che avevano determinato nel professor Henry la volontà di non farsi mai troppo coinvolgere dalle vicende degli altri e che gli avevano fatto scegliere di essere un insegnante supplente: impiego su misura per lui, ideale per evitare che affetti durevoli diventassero impropria fonte di equivoci dolorosi, fra studenti e docenti.
Il suo distacco, però, non era indifferenza, ma razionale comprensione, quella che gli permetteva di aver pietà persino di quel nonno, ora decrepito e demente, del quale era rimasto l’unico l’unico riferimento affettuoso; oppure di affrontare con lucidità molti problemi dei suoi studenti disincantati, che lo apprezzavano per aver trovato in lui ascolto e guida…
Difficile dire se il merito del suo successo con i giovani studenti fosse da attribuire alla sua capacità affabulatoria, o all’umanità degli scrittori – antichi o contemporanei, oggetto delle sue letture – che riusciva a far breccia nell’aridità anaffettiva dei ragazzi…
Qualche giovane – finora trattato come un vuoto a perdere – ritrovando se stesso, aveva scoperto anche il fascino di Henry, il prof che con quelle lezioni gli aveva restituito anima e dignità e che per questo vorrebbe stabilire con lui rapporti di amicizia o forse qualcosa di più…
Così, la giovane Meredith, derisa in classe e incompresa in famiglia, non si era accontentata della stima del suo prof, ma aveva cercato anche il suo amore.
La sua tragica fine – segnale di contraddizioni non risolvibili – diventava la sconfitta dell'intero progetto educativo.
Il lavoro del professore, delicato e difficile, era stato condotto in solitudine, nell’incomprensione dei colleghi, in una scuola e in una società ormai alla deriva, come la casa degli Usher del racconto di Edgar Allan Poe, emblema della rovina inarrestabile di ogni cosa.
Film “enragé” di Tony Kaye – il regista di American History X (1998) – e insieme pietoso; ritratto di una società disgregata – di cui la scuola è simbolica rappresentazione – girato con cura ed eleganza talvolta un po' leziosa.
A Tony Kaye si affiancano validamente gli attori e Carl Lund, sceneggiatore davvero ottimo…
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