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Camino

Regia di Javier Fesser vedi scheda film

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La recensione su Camino

di pazuzu
8 stelle

Nella cappella del collegio cattolico dove frequenta la quinta elementare, parlando con l'amica Begoña Camino viene a conoscenza di un corso di teatro - cui partecipano molti coetanei di ambo i sessi - che potrebbe rivelarsi un'occasione molto più ghiotta di svago e di divertimento che non il club dove si reca settimanalmente per imparare a cucinare, per volere della madre Gloria, insieme ad un paio di sole altre ragazzine: una madre che con un sorriso e una manciata parole dolci la priva sistematicamente del libero arbitrio nonostante i suoi undic'anni, e che da sempre la educa al senso di colpa per il fatto stesso d'esser nata, a concepire la vita come un prestito ricevuto da Dio e prima o poi da restituire, e ad accogliere ogni sofferenza come un dono divino, senza protestare ma pregando e ringraziando, tenendo bene a mente che non si è mai soli finché si vive con Gesù.
E in un mercatino vicino casa è proprio su Gesù, Jesús - il cugino di Begoña, che Camino mette gli occhi, innamorandosene all'istante e dando di conseguenza un volto ai suoi più intimi desideri: chiamato da tutti Cuco, è impegnato anche lui nel corso di teatro, dove reciterà nientemeno che la parte del principe durante la rappresentazione della fiaba di Cenerentola. Indotta dall'entusiasmo della giovane ad assistere con lei ad una delle prove, la madre resta però scossa dall'atmosfera promiscua che percepisce, favorita da un docente che invita i suoi attori a sentirsi liberi e ad improvvisare balli in coppia, e che ha in programma - per il finale dello spettacolo - un bacio tra i due protagonisti.
Abituata ad arrogare a sé il monopolio della scelta per qualsiasi questione inerente la famiglia, per nulla contenuta in ciò da un marito - Josè - assai più equilibrato ma privo di polso e da lei stessa costantemente squalificato, Gloria decide di soffocare sul nascere le aspirazioni artistiche (e sentimentali) della figlia, che vorrebbe destinata al convento come Nuria, la più grande, che da qualche tempo ha sentito la vocazione ed ora sta praticando come assistente numeraria presso una struttura gestita dall'Opus Dei - di cui lei è rigorosa adepta.
Nel destino di Camino non c'è però il teatro o l'amore terreno, né tantomeno la vita monacale, bensì un'agonia lunga diversi mesi causata da un tumore alla colonna vertebrale diagnosticato in ritardo, culminata con una morte dolorosa, e venduta come un martirio e un'ascensione al paradiso da chi ambisce a trasformare in santa («la prima bambina dell'Opera a salire sugli altari») una comune preadolescente triplamente sfortunata: per esser stata colpita da un male aggressivo e terribile, per esser stata allevata sotto l'egida di una ramificata e potente setta che plagia inebetisce e disumanizza, e per esser stata folgorata dal fascino di un coetaneo che di nome fa proprio Jesús.

Ci vuole coraggio per sferrare un attacco frontale ad una congregazione religiosa potente e capillarmente radicata proprio nel paese che l'ha vista nascere e diffondersi: Javier Fesser dimostra di averne da vendere, e dopo aver appreso la storia di Alexia González Burgos, madrilena morta di cancro a Pamplona nel 1985 a soli quattordici anni ed attualmente in via di beatificazione, ne trae ispirazione spostando l'azione nei primi anni zero e dando alla sua protagonista, non a caso, un nome (diverso) che è anche il titolo del libro più importante e rappresentativo di Josemaría Escrivá de Balaguer, il fondatore dell'Opus Dei: Camino.
Frutto di uno studio approfondito supportato da molteplici testimonianze dirette sui metodi coercitivi de 'la Obra', il film di Fesser ne disegna un quadro agghiacciante, descrivendo con dovizia di particolari l'accerchiamento che la protagonista subisce dalla madre - accecata dalla fede e pronta a tutto pur di far sì che si compia 'la volontà di Dio', e dai prelati - che nella capacità di sopportazione del dolore da essa inculcatale vedono una potenziale miniera d'oro, mentre il padre - solo - fa il possibile per assecondare le sue reali volontà e per cercare di recuperare, fuori tempo massimo, l'altra figlia, lasciata andare con colpevole passività e ormai sradicata, assoggettata e resa una serva priva di aspirazioni.
Trionfatore ai Goya nel 2009 con 6 premi tutti di primo piano (miglior regia e miglior sceneggiatura originale per l'ispiratissimo Javier Fesser, miglior attrice rivelazione per l'emozionante Nerea Camacho nel ruolo di Camino, miglior attrice protagonista per l'intensa Carme Elías in quello della madre, miglior attore non protagonista per Jordi Dauder in quello di Don Luis - il cappellano della clinica dove Camino passerà i suoi ultimi mesi, oltre ovviamente al più importante come miglior film) ma rimasto curiosamente inedito nel Bel Paese (laico solo a parole), Camino conquista ed angoscia, emoziona commuove e sconvolge, riuscendo a veicolare la propria sentita e doverosa denuncia attraverso il filtro dei sogni fantasiosi e degli incubi inquietanti di un'innocente educata all'accettazione della sofferenza ma bisognosa di un calore umano sempre e per sempre negato.

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