Regia di Franco Piavoli vedi scheda film
Il ritorno a Itaca di Ulisse, fra mille disavventure.
Impossibile a etichettarsi, il cinema di Franco Piavoli è una continua dimostrazione di genuino stile da parte di un artigiano indefesso e dedito anima e corpo a una causa che va ben al di là di qualsiasi programmazione professionale e ha molto in comune, piuttosto, con una vocazione. Avvocato con il vizio del cinema, il Nostro si dedica ad alcuni interessanti documentari – totalmente autoprodotti o quasi – nei primi anni Sessanta, abbandona quindi la vena artistica e ritorna sul grande schermo con il suo primo lungometraggio solamente nel 1982 con Il pianeta azzurro, presentato a Venezia e premiato con il Nastro d’argento come miglior esordio. Sette anni gli sono occorsi per forgiare la sua opera seconda, ma i tempi di lavoro dilatati sono una delle sue costanti, una necessità dettata sia dalla mancanza concreta di mezzi operativi che dalla completa assenza di fretta: Piavoli realizza qualcosa solo quando l’urgenza espressiva chiama. È questo il caso di Nostos: il ritorno, un’opera dalle immagini sontuose, eleganti e sottoposte a una cura maniacale (la fotografia è dello stesso regista), ricca di pathos e dalla composizione armonica e magnificente (c’è indubbiamente molto di Tarkovskij in tutto questo), ispirata all’Odissea e girata con la consueta autonomia: anche il montaggio è in mano a Piavoli, che coproduce con Giannandra Pecorelli e firma infine la sceneggiatura, e la cui principale collaboratrice sul set è Neria Poli, sua moglie. Di Ferruccio Bolognesi sono costumi e sculture, altri tasselli chiave dell’opera; Luigi Mezzanotte è l’interprete chiamato nel ruolo di Ulisse. A confermare il valore culturale della pellicola una didascalia in apertura avverte che “I dialoghi del film sono ispirati a suoni di antiche lingue mediterranee”. Cinema pittorico e di sensazione, certo poco spendibile presso il vasto pubblico. 6/10.
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