Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Sarebbe ingeneroso liquidare questo Paura su Manhattan dicendo che, così come Nicholas St. John ha scritto la terza sceneggiatura identica, Abel Ferrara ha girato il terzo film identico: e allora saremo pure ingenerosi, ma di certo non tanto lontani dalla verità. Perché rispetto ai precedenti The driller killer e L’angelo della vendetta, la differenza qui è soltanto una: e cioè che il narratore prende le distanze dall’assassino per soccorrere le vittime, in una visione più tradizionale del thriller; un passo avanti, lontano da Taxi driver (e finalmente!), ma la storia non brilla assolutamente per originalità o colpi di scena. E’ soltanto l’ennesimo rimpasto dell’angosciante ritratto di un degrado metropolitano portato al parossismo da delinquenza, brutalità, freddezza nei rapporti, mancanza di comunicazione. Ferrara stavolta ha a disposizione dei nomi di serie A, ma qui nessuno potrebbe fare comunque la differenza: bravi, ma in questo senso superflui, Tom Berenger, Jack Scalia, Melanie Griffith (che raramente indossa qualcosa oltre alle mutande) e Rossano Brazzi; persino le musiche (di Dick Halligan, semisconosciuto) sono di una banalità sconfortante. 4/10.
Un serial killer si aggira per i vicoli di New York, nottetempo, eliminando prostitute e ballerine dei locali a luci rosse. La polizia brancola nel buio, la mafia comincia a innervosirsi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta