Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
È impossibile volere male a uno come George Harrison. È difficile stare nel più famoso gruppo pop di sempre ed essere il terzo uomo, costretto ad accettare la diarchia dei due maggiori creatori di suoni e parole che la musica ricordi. E’ complicato accettare che tua moglie e il tuo migliore amico si siano innamorati. È facile vedere oggi nei concerti benefici per qualsiasi causa , solo un modo per mettersi in mostra, mosse studiate da esperti di marketing e comunicazione per aumentare la propria visibilità. È semplice criticare il materialismo quando si ha tutto. Quello che conta è la coerenza di non accettare la meditazione come una moda passeggera ma farla diventare una condotta di vita fino al punto di migliorare il proprio lavoro, la propria arte. È vero tutti lo fanno per i soldi, ma se servono a finanziare un film dei Monty Python va benissimo. La vita di Harrison è stata facile ma nello stesso tempo complicata perché mai affrontata con cinismo. Il nostro si è potuto permettere di rifiutare le logiche opportunistiche dell’uomo occidentale per farle coesistere con le logiche trascendentali dell’uomo orientale. Scorsese alternando interviste di amici e colleghi, alle immagini e alle fotografie suggestive di George, cerca di far uscire la persona dal personaggio. Il problema vero è che quando sei stato un beatle lo rimani per sempre, anche se fai di tutto per cambiare sarai sempre visto come un uomo ricco che ha solo molto tempo libero da dedicare, fortunatamente per noi, a scrivere canzoni come Here comes the sun. Scorsese ci ha provato, dei Beatles sappiamo tutto, su Lennon sono usciti molti film, ma su Harrison sarà difficilissimo fare un lavoro migliore di questo.
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