Regia di Friedrich W. Murnau vedi scheda film
Nosferatu il vampiro, come un’allucinazione notturna, è entrato a far parte dell’immaginario collettivo europeo: la sua essenza ingenera ancora oggi fascino e repulsione, orrore e malinconia. La sua visione conserva l’incanto senza tempo di un gioco di ombre.
1838, Brema: un giovane agente immobiliare di nome Hutter riceve l’incarico di raggiungere in Transilvania il Conte Orlock, un misterioso cliente desideroso di stabilirsi in paese. Una volta partito Hutter, senza aver troppo considerato i cupi presentimenti della moglie Ellen, compie un pericoloso viaggio fino ai Carpazi; in queste terre selvagge egli entra subito in contatto con raccapriccianti superstizioni a proposito del Conte (ritenuto un non-morto che si nutre di sangue umano) e della sua tenebrosa dimora. Hutter capirà troppo tardi quale sia la natura dell’incubo che irromperà nella sua vita e in quella di Ellen…
Una vera e propria “sinfonia dell’orrore”, come suggerisce il titolo originale tedesco Nosferatu, eine Symphonie des Grauens. Nel 1922 il genio visionario di Friedrich Wilhelm Murnau diede vita all’opera d’arte simbolo dell’espressionismo tedesco – al pari di pellicole come Il gabinetto del Dr.Caligari (1919, Robert Wiene) o Metropolis (1927, Fritz Lang)… – nonché pietra miliare del genere horror e, più in generale, dell’intera cinematografia. Se l’obbiettivo primario era quello di realizzare una trasposizione filmica del romanzo capolavoro Dracula di Bram Stoker, quello che ottenne il regista tedesco fu una personalissima rilettura dell’opera in questione; gli eredi dello scrittore irlandese non cedettero a Murnau i diritti legali, così egli sfruttò l’ingegno creativo di cui disponeva riuscendo a cambiare i connotati dell’opera originale senza stravolgerne l’essenza: ecco spiegati l’aspetto grottesco – ma sinistro e disturbante – del Conte, la diversità dei nomi e delle ambientazioni così come la sintesi dell’intreccio narrativo e la minore quantità dei personaggi. Si tratta di espedienti che smentiscono astutamente ogni equivoca somiglianza col romanzo, conferendo all’impresa filmica libertà espressiva e contenutistica.
Murnau concepisce questo racconto gotico per immagini, realizzando una sequenza di intuizioni registiche straordinarie: la qualità pulviscolare del bianco e nero avvolge ed esalta le ambientazioni, che da radiose possono mutare improvvisamente e incupirsi. A dominare ogni inquadratura è la bellezza irreale e metafisica della messa in scena, che scandisce una storia drammatica e crepuscolare animata da significati allegorici e sottotrame dalle svariate interpretazioni. Girato nel primo dopoguerra, il film di Murnau sembra proprio voler immortalare – dal primo all’ultimo fotogramma, attraverso un’ inquietudine soffusa – lo spettro ancora incombente del conflitto mondiale, quasi in un pedagogico tentativo di esorcizzare gli orrori della guerra attraverso quelli partoriti dalla più fervida immaginazione. Eppure l’ossessivo e ipnotico utilizzo dei contrasti luminosi – non solo marchio di fabbrica dell’espressionismo tedesco, ma cifra stilistica riscontrabile in ogni pellicola del regista – suggerisce l’ambiguità delle tematiche trattate: erotismo e fatalità, sogno e incubo, innocenza e malignità…Una costante alterazione emotiva che, magnificamente orchestrata da una dimensione visiva onirica e sospesa, non può lasciare indifferenti. Terrificante è la caratterizzazione del vampiro – magistrale interpretazione dell’attore Max Schreck – che optò per una recitazione volta a stilizzare le mostruosità di tale creatura folkloristica, impersonandone la componente statica: è ormai leggendaria la sua figura contorta e filiforme, che proietta silhouette artigliate dall’andatura spettrale. Il tema del vampirismo si declina quindi in diverse chiavi di lettura: l’irruzione di una forza indesiderata nella monotonia della vita medio-borghese, la manifestazione delle proprie angosce più recondite o la diffusione di un’entità contagiosa che incrina le fondamenta stesse della società…Numerose sono le scene indimenticabili, che si offrono alla memoria di un cinefilo con sempre rinnovato splendore: dalla sequenza celeberrima che vede il vampiro ergersi minacciosamente sull’imbarcazione diretta a Brema, a quella raffigurante l’ombra ingobbita dello stesso che avanza lungo la parete di un’abitazione – immagine consegnata alla storia della settima arte – fino all’unione (implicitamente sessuale) tra la candida vittima sacrificale Ellen e il mostro, nonché il conseguente incenerimento di quest’ultimo alla luce del sole.
Da ricordare tra i migliori adattamenti cinematografici del romanzo di Bram Stoker: Dracula (1931, Tod Browning), Dracula il vampiro (1958, Terence Fisher), Nosferatu, il principe della notte (1979, Werner Herzog), Dracula di Bram Stoker (1992, Francis Ford Coppola).
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