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Nosferatu, il vampiro

Regia di Friedrich W. Murnau vedi scheda film

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La recensione su Nosferatu, il vampiro

di steno79
10 stelle

VOTO 10/10  Film divenuto ormai mitico, è la prima prova importante di Murnau al cinema e uno dei primi veri capolavori dello schermo: tutto il cinema dell'orrore successivo discende da qui, e forse, come ha sostenuto il celebre critico americano Pauline Kael, nessun film del genere riuscirà a uguagliare l'atmosfera di quello di Murnau. Una "sinfonia dell'orrore" in anticipo sui tempi anche per le sperimentazioni tecniche e narrative, come l'insistito montaggio alternato che fa procedere in parallelo il viaggio del conte sulla nave Demeter, il ritorno di Hutter attraverso le foreste e l'angosciosa attesa di Ellen, la donna che fungerà da vittima del vampiro. Troppi i momenti memorabili per farne un elenco anche sommario: basterà dire che lo stile espressionista non è stato più portato ai vertici di risonanza emotiva e di brivido insinuante che raggiunge in questo film. Giustamente immortale Max Schreck nei panni del conte (la silhouette del vampiro è divenuta una delle icone cinematografiche del secolo), intensa Greta Schroeder (con qualche sovratono di troppo in certi momenti), efficacemente spaurito Gustav von Wangenheim come Hutter-Jonathan Harker. Magistrale l'utilizzo degli scenari naturali come i boschi della Transilvania, che, contrariamente a quanto succede nel Gabinetto del dottor Caligari, sottolineano l'orrore nelle sue apparenze più fisiche e quotidiane. Remake di Werner Herzog che renderà un omaggio appassionato all'originale, senza esserne una banale copia e replicando lo spessore culturale e artistico dell'operazione. Il film di Murnau è una delle pellicole imprescindibili del muto, è un'opera fondatrice di un intero genere e di un'estetica, è un adattamento non autorizzato del "Dracula" di Bram Stoker che supera il romanzo originale per intensità di scrittura e densità di immaginario, dunque si sarà compreso perché è un film per cui si spendono solitamente soltanto superlativi, come accade anche ad "Aurora" dello stesso regista, realizzato pochi anni dopo in America.

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