Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Film che una volta si sarebbe definito “democratico”, di ottime intenzioni, buoni insegnamenti, discreta impostazione, decente realizzazione da parte di tutte le componenti. Il principale difetto è una certa ingenuità dell’assunto, consistente in una candida e un po’ credulona fiducia nelle potenzialità taumaturgiche del sindacato, che alla luce degli sviluppi odierni, più che a un film dal contenuto sociale, fa pensare ad una fiaba ottocentesca. Sempre che le nostre società ed i nostri modelli di lavoro non continuino a regredire a livelli di sfruttamento che si sarebbero creduti superati e debellati per sempre, quanto meno nei paesi simili al nostro. Ecco che, forse, il “messaggio” sempre valido del film di Ritt è che l’unione (e la Union, nel senso di sindacato) fa la forza, soprattutto per i soggetti più deboli, come dimostra una delle sequenze più emozionanti, quando le lavoratrici donne e gli operai di colore, uno dopo l’altro, fermano i loro telai. Ed un altro merito di Norma Rae è il rifiuto di idealizzare il personaggio principale (e nessuno degli altri), descritto come una ragazza piena di difetti, primo tra tutti quello di cedere con un po’ troppa facilità ai richiami del sesso, ed interpretato molto bene da una grintosa Sally Field. 6½
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