Regia di Lech Majewski vedi scheda film
L’effetto iniziale è alquanto strano. Un quadro trasformato in un film, che ci proietta direttamente dentro il quadro stesso e alla sua storia con un’inevitabile impressione d’impoverimento nel passaggio dalla pittura agli attori in carne e ossa. Ma alla fine l’audacia di una tale operazione, che può apparire un po’ pretenziosa, viene premiata. Passato il primo necessario momento di adeguamento mentale, si assiste a una sorta di magia, in cui l’immaginario, o forse è meglio dire il mondo che circondava Bruegel e che lui ha riprodotto su tela, si anima, con l’inserimento di citazioni anche da altre sue opere. Un film da ammirare con la stessa disposizione mentale che si ha di fronte a un quadro, più che a un film. Proprio come molti quadri di Bruegel appare semplice quando lo si guarda nei dettagli di vita quotidiana, per divenire molto complesso nell’insieme. Così il film mette in scena l’eternità: quella dell’arte, immutabile e sempre attuale, e quella della storia, che più che cambiare, si ripete ciclicamente, perché l’umanità che la scrive è sempre la stessa.
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