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Asmaa

Regia di Amr Salama vedi scheda film

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La recensione su Asmaa

di OGM
10 stelle

Asmaa Hosni è una giovane vedova egiziana. Ed ha contratto il virus dell’AIDS. Come, è meglio non dirlo. Perché questa, incredibilmente, è la parte più bella della storia. Il film è ispirato a fatti reali, ma è colmo di una visione ideale, che potrebbe appartenere alla normalità, se di mezzo non ci fossero i pregiudizi e le paure. Una donna ha avuto coraggio, e si è ammalata. Ed altrettanto gliene occorre per potersi curare. È regolarmente colpita da coliche insopportabili, ed avrebbe bisogno di un intervento alla cistifellea, ma non ha trovato un medico che sia disposto ad operarla, con la giusta professionalità e senza ottuse riserve. L’ignoranza teme il contagio, l’oscurantismo teme il peccato, e l’umanità tutta si blocca, davanti ad una sofferenza che non ha colpa, non è pericolosa per nessuno, ed è comunque piena di amore. Asmaa è stata una moglie, e adesso è una madre. Intorno a quei due ruoli, ai quali si è dedicata anima e corpo, ruota l’intero corso della sua vita. Anche l’infezione ed i problemi che ne derivano sono scaturiti, indirettamente, dalla sua profonda coscienza di donna votata al sacrificio: una nobilissima figura antica in mezzo ad un mare di gente dalla mentalità arretrata e crudele. Eppure questa è una vicenda dei giorni nostri, che, nel male, si incrocia con l’attuale sensazionalismo mediatico e, nel bene, incontra i primi fermenti di una rivoluzione dello spirito, dell’apertura ad una concezione libertaria e solidale della convivenza civile. Sullo sfondo compare un Egitto che solitamente pensa al futuro alla maniera del passato, vedendo il figlio maschio come l’erede della terra degli avi, e la figlia femmina come un delicato tesoro di virtù da custodire gelosamente, fino a che qualche bravo giovane non venga dal padre a chiedere la sua mano. Alla tradizione si oppongono soltanto coloro i quali, a causa del loro particolare staus di moderni appestati, in essa non possono trovare posto: sono i compagni di sventura della povera Asmaa, i membri  di un gruppo di sieropositivi che si confortano a vicenda, ma che nulla concretamente  intraprendono per porre fine alla loro esclusione sociale. Il film di Amr Salama ci conduce dentro il loro mondo asfittico, in cui  la forza morale di Asmaa riesce, alla fine, a portare la luce di una speranza duramente conquistata. Il suo volto è costantemente avvolto nel velo islamico, incorniciato da un tessuto che, col passare degli anni, si fa sempre meno vivace e sempre più pesante: la femminilità di Asmaa si veste progressivamente di una tormentata sobrietà, che è la prigione di silenzio in cui è costretta a reprimere i sintomi del suo male. Non può urlare, né per il dolore, né per rivendicare i propri diritti. Per lei, parlare di sé è come sciogliere un nodo fittamente intrecciato. È un’impresa complicata e laboriosa, che richiede pazienza e determinazione: le stesse che vengono chieste a noi, che premiamo per sapere e capire i retroscena della situazione, e invece dobbiamo aspettare che lentamente la matassa della verità si dipani, superando, uno alla volta, gli ostacoli di pudore in cui il filo resta impigliato. In certi contesti la rivelazione è un parto, durante il quale le parole devono essere accuratamente misurate. La realtà non si può palesare tutta in un colpo. Allora, anziché  limitarsi sbrigativamente a dire, bisogna seriamente impegnarsi a raccontare. Un compito che questo film assolve con una passione saldamente attaccata al soggetto, di cui segue il destino con la palpitazione di un tenero amante, e la tensione di un inguaribile sognatore.

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