Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Ahi, quant’è difficile tradurre in immagini cinematografiche un bel romanzo, soprattutto se complesso e stratificato in tempi diversi come questo! Quante volte siamo rimasti delusi vedendo un film dopo averne letto il libro prima! Effettivamente non sempre, a volte abbiamo visto le scene che ci aspettavamo o ancor più belle, ma sono convinto che capita raramente. Devo dedurre che si rimane delusi perché ci si aspetta molto dopo aver amato un romanzo? No, non è così invece stavolta. Il fatto è che secondo me Sergio Castellitto ANCHE stavolta ha partorito un’opera non eccellente (eufemismo).
Il punto di partenza è un buon romanzo, forse il migliore di Margaret Mazzantini, e non era facile farne un film all’altezza, perché è una storia lunga e sviluppata in lunghi anni e sappiamo tutti che un libro può essere anche lungo come un Dostoevskij e un film per essere sopportabile non deve superare le due ore e mezza. E il problema è proprio qui: la bravura dello sceneggiatore e del regista sta appunto nel raccontare una lunga storia sapendo scegliere le scene e la loro durata. E poi serve ovviamente un buon montaggio. Quando si assiste ad una mitragliata di scene, tutte abbastanza brevi, tipo videoclip, che vogliono essere un “bignami” della narrazione e si viene catapultati continuamente avanti e indietro nella storia tra una miriade di flashback succede questo: se conosci il romanzo riesci a seguirne la trama, i riferimenti e i personaggi, se non lo conosci non ti raccapezzi più. E ciò è capitato a questo film. Il filo di Arianna per afferrare la continuità cronologica per fortuna c’è ed è la capigliatura della protagonista Gemma (Penelope Cruz): da donna matura, nell’epilogo della vicenda, ha qualche capello bianco e si pettina come una donna d’oggi e ha qualche ruga; altrimenti stiamo guardando avvenimenti accaduti diversi anni prima. Geniale!
Un altro difetto che riscontro è la recitazione di molti personaggi a cui Castellitto ha richiesto chiaramente di stare spesso sopra le righe; difatti si sprecano le scene in cui tutti urlano e gesticolano come se l’interlocutore sia sordo. Sembrano tutti esagitati, a cominciare dal giovanotto Pietro (Pietro Castellitto, figlio dentro e fuori) che in questa maniera non riesce a rendere l’idea se vuole bene a sua madre (sua madre?) o non la sopporta. Vabbe’, lui crescerà ma il regista è già grande e qualcosa di meglio dovrà farla, altrimenti sarebbe meglio che interpreti e basta, anche perché è un ottimo attore ed è uno dei pochi in Italia che recita con una buona naturalezza e spontaneità.
La trama è una bellissima e drammatica storia, ambientata un po’ in Italia e parecchio nelle strade di una Sarajevo straziata dalle bombe e dall’odio, nel film ben ricostruita come ambiente durante la guerra civile della ex Jugoslavia. Tutto ruota intorno ad un amore (urlato, appunto, da Diego-Emile Hirsch) verso la ragazza italiana Gemma e dal desiderio immenso di avere un loro figlio. Il figlio arriverà ma nella maniera più assurda e crudele che si possa immaginare. Mezzo film è una serie di flashback a volte troppo rapidi che spesso si fatica a collocare nella storia e tramite questi si scopre una vicenda atroce che trova la soluzione inimmaginabile nel finale-verità sempre più drammatico, quando finalmente gli attori rendono al meglio.
Il mio giudizio è di tre stellette (sufficiente) dato dalla media tra le due (mediocre) del film e le quattro (buono) della storia da qui è tratto il film.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta