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Argo

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su Argo

di M Valdemar
8 stelle

In agro sopor giacenti, pedine di giuochi infinitamente più grandi mellifluamente più stupidi, da Argo, il film che mai ebbe inizio, sei malcapitati vennero tratti in salvo, l’anima affidata agli dei della celluloide e il corpo lib(e)rato in volo verso la gloria, a riabbracciare incredulamente l’orizzonte celeste così crudamente perduto.
Storia folle, e follemente fenomenale, vera; da un’idea che era “la migliore tra le peggiori”, partorita per caso, resa viva per volontà, possibile grazie alla magia potente che in ognuno scatena - inclusi i malvagi soldati armati di violenza e terrore - lo stellato firmamento noto al mondo col nome Cinema. Nulla di più (ir)reale; e sì, furbesco, retorico, coinvolgente, “sicuro”.
Dall'insperata materia grezza, preziosissima, fornita gentilmente dall’intelligence almeno per una volta intelligente, un piccolo gioiello lavorato finemente da menti bendisposte ed abili che utilizzano in maniera appropriata attrezzi validi e vari, giungendo a sfiorare rischiosamente le corde di differenti strumenti. Ma il rischio farsa, fuffa, truffa, è evitato: l’incontro tra le sonorità aspre, dure, metalliche della “necessaria” ricostruzione scenica, storica, politica, drammatica e le sonorità ritmate, briose, pop della pizzicata brillante, figlia una composizione armoniosa e sincera, in grado di toccare vette eccellenti permettendo altresì di lasciare in secondo piano talune cadute di tono (derivanti perlopiù dall’irrinunciabile debordante amor di patria).
Ben fa Ben Affleck ad affabulare con sguardo sorprendente, la mano capace, il piglio da regista classico convincente, la scaltrezza da rapace. Argomenta e persuade, ristruttura e allarga, (si) concede e riflette; semina emozioni e robusti arbusti thrilleristici che, crescendo velocemente voracemente vorticosamente, generano un impianto articolato solido, imponente, dalle radici forti e dai frutti saporiti con colori speziati odori frizzanti e resistenti agli attacchi.
L'elaborazione della partitura/strategia narrativa, assai pregevole, ramifica in un terreno fertile e parimenti instabile, in equilibrio tra le acque stagnanti degli aggiustamenti romanzati e la minacciosa invadenza dei malintenzionati batteri attratti dal troppo noto troppo piatto (ed assuefatti, quindi). Schematismi e didascalismi non urtano, perché dosati il giusto, fors’appena un attimo prima che comincino a farlo; e ad ogni modo bilanciati dalla tensione, tenuta in altura anche per mezzo di artifici e semplificazioni, che si protrae protetta e proteggente ma non proterva fino alla fine.
Ambientazioni sempre credibili, attenzione e precisione nel curare i look dell’epoca, ritmo andante con moto (mutevole alla bisogna) e ritornante con contorno (di azionati stornate da inutili virtuosismi), ampiezza di vedute e direzione felice nella gestione di quella (s)porca fabbrica di sporcaccioni chiamata Hollywood ove tutto è fattibile, perché è il “posto giusto”, perché è un mondo “altro” abitato da alien(at)i, perché uno storyboard, per quanto fasullo di un film fasullo (cioè l’essenza del cinema: la rappresentazione), istupidisce facce feroci torve bestiali di omoni pronti a tutto. Siparietti? Certo, ma gustosi, liberatori, ingegnosi, grassi. E strepitosi (protagonisti ne sono due splendide figure grottesche ciniche candide interpretate meravigliosamente da John Goodman e Alan Arkin, impagabili nel loro grido di battaglia “Argo fuck yourself!”).
Il giusto assetto, omogeneo, guidato con gusto sapido e sostanzioso, all’insegna di una ricercatezza mai pretenziosa né effimera di impegno e leggerezza: Argo è un’opera godibile e sensibile, moderna e fresca ma dallo spirito combattivo d’un tempo (gli anni settanta), a cui si perdonano volentieri alcuni difetti, endemici (l’impellenza nel mostrare il quadretto familiare riunito con sfondo di bandiera a stelle strisce sventolante e trionfante; la legnosità del Ben Affleck attore, attutita in parte dall’aspetto barbuto e dalla recitazione in sottrazione) e di struttura (le manipolazioni che sorreggono l’impalcatura della tensione, specie nel finale).
Non sarà un capolavoro, però Argo è un film intenso e divertente, interessante per i diversi spunti che offre e sottilmente impregnato di squisiti umori critici e ironici. Senz’altro merita la visione.


 

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