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Nido familiare

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nido familiare

di hallorann
8 stelle

L’esordio cinematografico di Bèla Tarr è quanto di più lontano ci si possa immaginare da quello che vedremo da KARHOZAT – PERDIZIONE in poi. L’uso del b/n è lo stesso ma stile e contenuti cambiano radicalmente. Tarr era uno giovane studente che filmava la realtà sociale del suo paese nella seconda metà dei settanta ungheresi. Iren vive a casa dei suoceri con la figlioletta mentre il marito Laci è di servizio di leva, nel piccolo appartamento ci sono anche i cognati. Una sera Iren invita a cena una sua collega di fabbrica, Laci rientra improvvisamente dalla leva con grave disappunto del padre per non aver sfruttato l’occasione. Ben presto il capofamiglia comincia a fare battute e insinuazioni sulla presenza dell’ospite, sulle troppe bocche da sfamare, sui figli deludenti e incapaci…In seguito dalla semplice lamentela si passa alle illazioni, contemporaneamente Iren cerca una sistemazione alternativa per Laci e la bambina. Ma a Budapest lo Stato ha una lista d’attesa lunga due anni per soddisfare tutte le richieste di alloggi. Lacy e Iren si separano. Il suocero che fino ad allora era apparso un uomo schietto e inattaccabile è pronto a tradire la moglie con una cliente qualsiasi di un bar.

L’autore di SATANTANGO non salva nessuno, tutti i personaggi della famiglia – che ci descrive con una modalità di stile da “cinema da camera” (inquadrature strette, casuali, primi piani) – sono fragili, meschini, falsi, pronti al tradimento. Lo squallore umano è dietro l’angolo, nascosto da un’apparenza serena. Metafora velata sull’Ungheria del blocco comunista. Il talento di Tarr si manifesta all’istante perché racconta ogni situazione e scena con un verismo eccezionale che non sa mai di artefatto, semmai di spontaneità autentica. Lacy e Iren interpretano la gioventù succube di un regime, di una società che non capiscono e non accettano. E’ proprio per questo la ribellione non esplodendo nella società e nelle strade implode sotto altre forme nel NIDO FAMILIARE. I monologhi finali sono atti di dolore laico per il presente e insieme un desiderio di speranza per un futuro migliore. Il dramma intimo che diventa nazionale. Dopo due parentesi sperimentali il genio di Bèla Tarr ritornerà sul grande schermo nel 1987 con il citato KARHOZAT allargando lo sguardo e la macchina da presa sulla “tristezza universale”.

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