Regia di Béla Tarr vedi scheda film
Un Bela Tarr degli inizi che si apre al colore, seppur livido e quasi impercettibile, e che, con taglio rigoroso e documentaristico che rifugge ogni ricostruzione d'atmosfera - segno costante e grandioso, personale ed ormai imprescindibile della sua ultima magnifica produzione – ci introduce nella vita complicata e a dr poco travagliata di un giovane di talento, ma perseguitato da una serie di eventi e circostanze che non gli permettono di specializzarsi e maturare un'esperienza nei confronti delle svariate attività in cui, in qualche modo, dimostra di sapersi distinguere, se non eccellere.
Neo padre di un infante avuto da una donna che non ama e che tuttavia lo costringe a versargli un risarcimento per alimenti che molti giudicano incongruo ed esagerato in rapporto alle sue attuali entrate, incalzato dalla attuale giovane e bella amante, cacciato dal lavoro di infermiere per un alterco mal gestito con un paziente folle e rissoso, il giovane si butta sulla musica, sul violino e sui complessi che si esibiscono nei bar e locali della città, incontrando difficoltà di ogni tipo a sbaragliargli la strada.
Tarr filma una vicenda quasi verghiana incentrata sul tentativo vano di un uomo di far valere e dimostrare al mondo le proprie innegabili doti e capacità, offuscate e rese vane da una certa arrendevolezza di fondo che lo fa cedere dinanzi a tentazioni o troppo facili abboccamenti del malizioso destino avverso.
Un film che si cinge della società vera circostante che attornia la vita di una cittadina ungherese tutta feste folkloristiche e balli con orchestre.
Ripensando alle tecniche suadenti e visivamente ammalianti dell'ultimo Tarr, questo Outsider ci lascia decisamente più freddi e deciamente meno partecipi dei film che verranno, ma costituisce una base a suo modo coerente di un percorso cinematografico che sfocerà presto in uno stile unico e difficilmente soggetto ad imitazioni od ispirazioni fraudolente.
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