Regia di Béla Tarr vedi scheda film
Microcosmo umano costretto alla coabitazione, metafora di una condizione socio-politica austera, depressiva e repressiva. Cinema dell'assurdo realista. Maschere quotidiane tra meschinerie e miserie varie dell'animo umano. La parola è solo parola senza senso. Un ritratto assolutamente pessimista. Molto bello il gioco cromatico, precursore di Eyes wide Shut. Il pavimento diventa trasparente per rivelare l'artificio della rappresentazione, invenzione di Hitchcock. Le immagini si frazionano, si moltiplicano, si riflettono, s'inclinano alla maniera del cinema espressionista . Però, che pesantezza! Mi chiedo se il cinema, per rappresentare efficacemente l'oggettiva decadenza umana debba essere così punitivo - forse ci vuole. Bergman, Dreyer, Kieslowski, ma anche Mungiu col suo senso certosino della suspense esistenzialista, non erano così grevi. Stavano proprio male! Oggi stanno meglio degli italiani. Ecco questo film si adatta bene alla nostra situzione attuale dove la disoccupazione giovanile si sta impennando paurosamente. Famiglie familiste sono l'unico ammortizzatore sociale alla crisi. Crescono le attività in nero. In generale siamo al 12,5% di disoccupati, un livello che ci riporta al 1977. Io conosco tanti esempi italiani che si adattano bene a questo film. Uno su tutti quello di un mio carissimo amico, praticamente identico a quello narrato con le stesse angosce esistenziali. Una madre molto anziana, erede di un ingente patrimonio immobiliare in dismissione a causa di fallimenti finanziari e attorno tutta una umanità fatta di sordidi approfittatori e squallide lotte tra fratelli. Da approfondire con ulteriori visioni. La vita è bella!!!
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