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La parte degli angeli

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La parte degli angeli

di alan smithee
8 stelle

"La parte degli angeli" e' quella piccola percentuale (circa il 2%) del contenuto di una botte che, durante la decantazione che fa seguito al lungo processo di invecchiamento di un whiskey di valore, viene letteralmente perduta, evaporata; lo humor scozzese vuole che questa parte infinitesima ma preziosa che si spande nel nulla venga considerata appannaggio degli angeli del cielo, che in cambio di questa "paghetta" contribuiscono alla creazione di un prodotto unico per qualita' e prestigio.
Scoprono questo e altre caratteristiche e curiosita' a proposito del noto superalcolico, un gruppo di persone condannate ad un periodo di lavori sociali in seguito ad una sentenza che li ha giudicati colpevoli di reati minori, non passibili di detenzione tradizionale. Tra questi figura un giovane di nome Robbie, finito ai lavori socialmente utili dopo aver pestato a sangue un coetaneo che lo urto' con la macchina mentre lui, bevuto e strafatto, usciva dal pub delle bisbocce barcollando.
Robbie, nonostante queste premesse, e' un bravo ragazzo, e sta pure diventando padre, non fosse che i parenti della sua amata Leonie non lo accettano e lo pestano a sangue ad ogni occasione.
Il buon padre di famiglia che accompagna i lavoratori ogni mattina, si affeziona al ragazzo e cerca di seguirlo ed ospitarlo nei giorni in cui non sa dove andare, mentre la sua donna e' in ospedale circondata dai propri parenti in modo che lui non possa incontrarla. Per caso il buon uomo introduce Robbie e altri tre simpatici sballati lavoranti, in un club di assaggiatori di whiskey. La passione sembra prenderli dal vivo, e quando oltre a questa si riesce ad intravedere la possibilita' di mettere in piedi una truffa in occasione di una importante asta di una preziosissima botte di alcol unico e rarissimo, i quattro ragazzi si ingegnano per riuscire a far loro quella opportunita' che potra' finalmente aprir loro le porte per un futuro un po' migliore: per Robbie significhera' portare via da Glasgow la su ìa amata ed il piccolo Luke e costruirsi una nuova vita onesta a Londra, dove nessuno lo conosce e puo' infastidirlo.
Il film e' una commedia dei sentimenti che procede come una favola, e la preparazione del colpo e' l'occasione per dar vita ad una serie di gags spassose e a spazi di ironia molto riusciti.
Ken Loach, premiato ancora una volta a Cannes (Premio della Giuria precisamente), rimane fra la sua gente, ma ritorna a varcare i confini - non cosi' semplici per chi convive abitualmente ben altri climi e rigidita' ben piu' marcate - della commedia sofisticata e brillante, superando finalmente la prova dopo alcuni colpi non perfettamente riusciti in tale ambito (mi vengono in mente il deludente "Un bacio appassionato" e il sopravvalutato "Il mio amico Eric" con Cantona nel ruolo di se stesso).
Loach macchina in spalla, e Laverty penna alla mano, sono una bella coppia, funzionale e in grado di rendere eccellente la resa interpretativa di attori che hanno visi qualunque di gente presa a caso mentre varca il marciapiede, ma che nasconde dentro il proprio volto vero e qualunque una profondita' espressiva che spesso le grandi star hanno definitivamente dimenticato o smarrito. Noterete la scena in cui il protagonista (il giovane Paul Brannigan) vede e solleva per la prima volta il figlio neonato. Dal suo viso radioso trapela la felicita' e l'orgoglio che si legge nel volto sincero e commosso di chi sta vivendo davvero la prima paternita' della sua vita. E' solo un piccolo particolare, ma anche solo da questo si suggella la grandezza di un regista, la sua capacita' di dominare la scena e i soggetti coinvolti. 
Un buon film, una favola dove ci sono i buoni, i cattivi, e chi si ritaglia il suo spazio di comicita' e divertimento; e soprattutto una truffa che e' piu' una goliardata non fosse mossa da bisogni impellenti, una beffa contro il mondo annoiato e superficiale della ricchezza ostentata in cui pochi privilegiati si dilettano a passare il tempo tra aste in cui i milioni si muovono come fossero noccioline; e infine una classe operaia su cui, per una volta tanto, non piovono pietre bensi dell'ottimo whiskey d'annata.

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