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7 psicopatici

Regia di Martin McDonagh vedi scheda film

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La recensione su 7 psicopatici

di Kurtisonic
6 stelle

L’inquadratura iniziale sull’insegna che domina la collina più famosa del mondo non lascia spazio ad equivoci: 7 psicopatici parla di Hollywood, di cinema, del mondo che gli gira intorno. A differenza del precedente e apprezzato In Bruges la coscienza dell’assassino, il regista Mc Donagh rinuncia ad entrare analiticamente nei suoi personaggi, a cercare di gestire all’interno di uno schema di genere il loro percorso di redenzione ai danni della storia per poi perderne il controllo. 7 psicopatici invece è una spassosa messa a nudo degli stereotipi del cinema americano e non solo, Mc Donagh si diverte a smontarne i collaudati meccanismi rappresentativi e a rimetterli a posto in maniera meno convenzionale. Il protagonista è sempre Colin Farrell, nei panni di Marty, è alle prese con la sceneggiatura che darà luce ad un film con il titolo omonimo, la vicenda sviluppa e identifica nella natura dei 7 psicopatici le caratteristiche , i clichè, i punti di forza e le cadute retoriche di tanto cinema dal mainstream a quello più ricercato, ma Mc Donagh saggiamente non si cala troppo nello sviscerarne i particolari per mantenere alta la mediazione con un pubblico che più che la riflessione vorrebbe godersi lo spettacolo e poi una buona birra con gli amici. Allora via ai fuochi pirotecnici, citazioni, rimandi, didascalie, finzioni sovrapposte l’una sull’altra che si rincorrono e tutto quanto fa spettacolo. Con gli amici di Marty, Billy Bickle e Hans Kieslowski, lo spettatore ripercorre le tappe di un cinema obbligato a rinnovarsi, a proporre sempre qualcosa di diverso, a non fare pensare alla sua pancia gonfia di offerte visive che lo inducono a divorare film indiscriminatamente. Attraverso la figura dello sceneggiatore in crisi mette in rilievo quella dimensione grezza e artigianale per cui chi fa cinema soprattutto lavora, ci deve mangiare e deve convivere con le idee brillanti, gli incassi al botteghino, e il forte sospetto che le intuizioni siano solamente degli standard di ritorno nella propria mente. Marty è un po’ ingabbiato nel suo ruolo di artefice e creatore dannato, tendenzialmente piacione e inadatto a vivere realmente le proprie esperienze. Tutto converge sulle personalità dirompenti degli psicopatici e in particolare dei due amici Billy e Hans, scambiando e confondendo i loro modi di fare e di essere con il tipo di linguaggio cinematografico che rappresentano, dimostrano magari banalmente ma con una ludica efficacia che forme di cinema distanti possono non solo convivere ma che necessitano l’una dell’altra,. Bella scoperta? A questo punto allora, una birra ci vuole proprio..

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