Regia di Martin McDonagh vedi scheda film
In Bruges era un piccolo gioiello. Location scelta dal regista e sceneggiatore Martin McDonagh per ambientarci una dissonante storia di gangster che aveva fatto conoscere il giovane talento al mondo e aperto le porte alla cittadina belga , dopo le prime rimostranze dovute alla natura della trama, ad un soddisfacente aumento del turismo in loco.
7 psicopatici è l’opera seconda e come tradizione il secondo passo si rivela sempre più difficoltoso del primo e come da tradizione gli elementi che avevano portato al successo il primo film nel secondo vengono portati al parossismo, moltiplicati gli attori, stratificate le trame. Più soldi, più facce, più mezzi non significano necessariamente eguale successo. In più ci si mette il blocco dello scrittore, un’ansia da prestazione che blocca le menti più dotate nel momento in cui devono confermare i sospetti di talento che li hanno per un attimo elevati dalla massa. Che sia autobiografico? A parte pistole e cervelli schizzati sui muri, intendo.
Così si prendono Colin Farrell, Christopher Walken, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Tom Waits, Olga Kurylenko e altri caratteristi dalla faccia da genere e li si fa prendere vita nella stesura di una sceneggiatura dello scrittore in crisi Marty (Colin Farrell ) intitolata 7 psicopatici che oltre al titolo non ha null’altro e aspetta solo che i sette psicopatici del titolo si materializzino narrando di fatto la storia che dovrebbe essere di fantasia. Faticoso, cerebrale, metacinema che esce e entra continuamente dalla storia principale creando una stratificazione narrativa complessa per un film-scherzo, sicuramente ambizioso e assolutamente fuori di testa.
Commedia nera? Thriller demenziale? Pulp iperbolico? E’ un mix di tutto e di nulla questa storia di rapimenti di cani, gangster e serial killer di mafiosi, leggende omicide che prendono vita. L’incedere non si prende sul serio adottando la forma del fumetto per stemperare tutto l’inverosimile che viene spadellato sullo schermo. Personaggi bidimensionali che cercano di prendere peso e forma nella scrittura, un lavori in corso che mostra i caratteri sullo schermo pilotati verso il macello da una mente perversa e votata al martirio.
7 psicopatici è divertente a tratti, alterna grandi momenti a rallentamenti vistosi, la forma ad incastro penalizza l’incedere della storia che risulta farraginosa e incerta nel prendere una strada ben definita. Non tutto funziona a dovere e non tutto è comprensibile più per un eccesso di scrittura e situazioni piuttosto che per una consapevole e controllata operazione lisergica. Ironia a pacchi, dialoghi surreali, disimpegno e voglia di confrontarsi con un genere che ha trovato la sua musa in Tarantino e poi ha generato copie spurie più o meno funzionanti di autori vari ma senza raggiungerne mai le vette del Maestro. Quello che risalta in questo contesto è l’elevatissimo tasso di sangue. 7 psicopatici è forse esageratamente splatter per il genere. Schizzi e spruzzi di sangue, teste che scoppiano e tagli e ritagli e frattaglie sparse in un grottesco grand guignol dal godimento fanciullo e primitivo, completamente sganciato da qualsiasi drammaturgia che ne favorisca l’adesione emotiva. Personaggi-fantoccio, bizzarri, corpi vuoti a perdere consapevolmente scemi che accumulano iperboli in un onanismo autocompiaciuto. Questa la scrittura di 7 psicopatici nel film che ha partorito sette psicopatici in cerca di autore in uno script pirandelliano composto sotto acido, bruciato dal sole del deserto, bagnato del sangue generoso dei protagonisti. Così è se vi pare.
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