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Padroni di casa

Regia di Edoardo Gabbriellini vedi scheda film

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La recensione su Padroni di casa

di mc 5
10 stelle

Questo film è uscito in un numero non enorme di copie e non sta avendo alcuna visibilità. Per cui ho approfittato della singolare contingenza di vederlo ospitato da una multisala della mia zona. E va detto subito che si tratta di una visione originale e tutt'altro che ordinaria. La pellicola è infatti una felice sintesi tra il noir e il cinema di genere. Film asciutto e senza fronzoli, pervaso da un'ambiguità strisciante che evolve, attraverso tasselli di inquietudine, in eclatante tragedia. Spesso ci si lamenta del provincialismo del nostro cinema, del suo respiro limitato e della sua scarsa vocazione ad aperture internazionali: ebbene, questa pellicola è dotata di un fascino che può renderla interessante ed appetibile ad un pubblico europeo, e penso in particolare alla Francia e alla Spagna. Finalmente un regista italiano che "osa", che sceglie uno sfondo inconsueto eppur così autentico come è quello di un paesino dell'appennino tosco emiliano (a giudicare dagli accenti, direi più emiliano che toscano), una umanità che finora avevamo visto solo grazie a Pupi Avati e Giorgio Diritti, anche se qui ambientazione e personaggi sono strettamente contemporanei ed è assente quindi quello spirito storico-nostalgico spesso presente nei due registi citati. E questa scelta di location mi offre lo spunto per una piccola riflessione, non ispirata ad alcun intento polemico. Ben venga un cinema italiano che evita quella deriva "romanocentrica" che pare andare per la maggiore in ambito di cinematografia indipendente. L'ultimo esempio è il nuovo film di Francesca Comencini che -a quanto mi hanno riferito- pare un spot turistico di Roma. Grazie a Dio, finalmente un cineasta che indaga su tutta un'altra umanità, meno stereotipata, più inconsueta. Anche se poi anche qua l'accento romano imperversa coi due protagonisti che sono romanissimi, ma che tuttavia vengono collocati in un contesto che più lontano da Roma non potrebbe essere. Ciò che più mi ha colpito è l'atmosfera che Edoardo Gabbriellini (il regista livornese su cui più avanti mi soffermerò) riesce a creare. E lo sfizio sta nel cogliere il progressivo mutare di tale atmosfera. Mutazione che è dapprima impercettibile, poi sempre più aperta e decisa. Si comincia infatti coi toni della commedia, poi si aggiungono, uno dopo l'altro, tanti piccoli dettagli che iniettano dosi di inquietudine in una storia che pare sana e che invece si rivela sempre più "malata", in un crescendo finale di angoscia. La vicenda si conclude infatti con immagini molto dure che evocano pellicole quali "Un tranquillo week end di paura" o "Cane di paglia". Due titoli con cui le parentele stilistiche sono limitate, ma coi quali il film condivide lo stato di parabola sulla violenza e sul suo deflagrare in un contesto apparentemente tranquillo dove l'odio e l'intolleranza allignano strisciando. Oltre a piccoli episodi che si sovrappongono aggiungendo tensione, il finale drammatico è "preparato" anche attraverso minacciose inquadrature disseminate qua e là, soprattutto ricorrenti immagini fisse del bosco. Quel bosco custode di segreti e tragedie da cui tutta la storia prende le mosse e dove risuonano i passi di uomini armati di fucile. Tutto ciò concorre a fare di questo film un riuscito esperimento di noir italiano, scelta da premiare in quanto apre il nostro cinema a vie meno convenzionali. Qualcuno ha fatto notare che questa diffidenza dei montanari nei confronti dei due fratelli romani si nutre di troppi clichè; a me non sembra, anche perchè poi questo è un classico che proviene addirittura dal western, quello dello "straniero che arriva in città", e che io sappia c'è un solo modo per metterlo in scena, quello fatto di sguardi di sfida e di provocazioni fino al tragico duello finale. Un'altra cosa da apprezzare del film è una certa modestia nel proporsi, che io credo di ravvisare tra le righe. Intanto non vi sono tentazioni autoriali e dunque -pur forse potendoselo permettere- non è sicuramente un film pretenzioso. E ad avvalorare questa tesi porterei anche il manifesto scelto come immagine ufficiale e che raffigura due animali. Visto che il film ha come protagonisti due star del cinema italiano e soprattutto una superstar dello spettacolo come Gianni Morandi, mettere su quel manifesto (magari in un angolino) il faccione di quest'ultimo avrebbe garantito il triplo degli incassi, ma evidentemente si è optato per qualcosa di più ricercato in quanto più sentito. Uno dei concetti chiave di questo film, forse il più importante, è che "nulla è ciò che sembra". La coppia Morandi e consorte malata (una intensa Valeria Bruni Tedeschi) nasconde problemi irrisolti, sentimenti calpestati e dolorose umiliazioni. E quei due fratelli celano un passato burrascoso di uno dei due. Con la differenza che, mentre dei segreti pregressi dei due fratelli non ci viene rivelato praticamente nulla, dei coniugi vediamo invece diverse immagini silenziose ma eloquenti nella loro infinita sofferenza. La trama ci racconta di questi due piastrellisti romani che arrivano al paesino sull'appennino bolognese per rifare il pavimento della villa di un famoso cantante ormai ritiratosi dalle scene. I due ragazzi dovranno però scontrarsi con l'ostile diffidenza degli abitanto del luogo, in un rapporto tesissimo di continua sfida che sfocerà nel sangue. Il regista Gabbriellini ebbe un momento di notorietà quando debuttò come attore nel celebre "Ovosodo" di Virzì. Poi si trasferì dalla natìa Livorno a Bologna, per studiare l'Arte del Cinema e realizzò l'opera prima "B.B. e il cormorano" che credo ben pochi abbiano visto. Ed ora questa felicissimo secondo lavoro, maturo e coraggioso. Mastandrea (qui anche co-sceneggiatore) ed Elio Germano sono ormai due sicurezze per il cinema italiano, e peraltro va detto che qui tra i due c'è un'evidente alchimia che permette loro di rendere al meglio. E poi abbiamo un Gianni Morandi in splendida forma che praticamente rappresenta sè stesso, ma tirando fuori un lato ombroso ed ambiguo che nella realtà non gli appartiene e che va accreditato alle sue capacità di interprete. E vorrei concludere con una segnalazione a cui tengo in particolare: tra i collaboratori alla colonna sonora figura anche Stefano Pilia. Si tratta di un nome molto noto in ambito indipendente bolognese, nonchè ottimo chitarrista della mia band italiana preferita, i "Massimo Volume".


Voto: 9/10

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