Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Lucida e profonda riflessione di Matteo Garrone sulla televisione e sulle sue derive. Eccellente interpretazione di Aniello Arena e della compianta Loredana Simioli
Si comincia con una fantasmagorica e baluginante carrozza, tirata da cavalli: In un lungo e vertiginoso piano-sequenza, dall’alto, la macchina da presa segue il suo viaggio fino alle porte di uno sfarzoso palazzo, tipo “castello” del boss delle cerimonie, dove la servitù imparruccata e incipriata accoglie sposi e invitati in chiassoso stile settecentesco. Una sontuosa panoramica costituisce l’incipit esteticamente barocco, che trascina subito lo spettatore nell’ovattato mondo di cartapesta, che fa da cornice ad un colossale ricevimento dal gusto sfrontatamente kitsch, organizzato in occasione di un matrimonio, all’insegna del trash spinto, nella periferia della provincia campana. Qui conosciamo subito Luciano pescivendolo napoletano , una bella faccia tosta, che per arrotondare le sue entrate, ha messo su insieme alla consorte e ad un parente complice, una redditizia truffa con robot da cucina, carattere estroverso ed esuberante e dotato di una naturale predisposizione per i travestimenti, si sente un talento comico e spesso ama esibirsi in numeri, con cui si diletta a intrattenere amici e commensali, dopo essere stato esortato dai suoi familiari a partecipare ad un provino per la selezione del Grande Fratello, in un centro commerciale, è convinto di aver “spaccato”. Quando successivamente viene convocato a Cinecittà per un ulteriore colloquio, pensa che ormai è fatta, deve solo aspettare l’invito ufficiale, per l’inizio della nuova edizione del reality show. Al rione è già una star: i tanti conoscenti e amici, i clienti, lo acclamano, lo lusingano, lo incitano, seguono gli sviluppi della faccenda. La chiamata, però, non arriva e Luciano si convince che l’organizzazione del programma, quasi fosse una sorta di FBI dei poveri, lo tiene sotto osservazione, per stabilire se è adeguato. Comincia il suo penoso percorso verso l’alienazione. Si convince che due signore romane in pescheria, sono clandestine emissarie del programma, venute a Napoli col compito di verificare la sua affidabilità. Poi dopo aver allontanato un mendicante in malo modo, pensando che qualche spia della tv può controllarlo, si ravvede e quindi comincia a regalare la spesa. Ritenendo di poter essere osservato e giudicato, cambia radicalmente la propria condotta di vita per adeguarsi a standard più adatti ad una star del Grande Fratello, ormai sguazza in una spirale di paranoia senza uscita, intraprende un viaggio di sola andata fuori da sé stesso, alla ricerca di un alternativo "io" televisivo che gli permetta di completare il suo processo di trasformazione in artista televisivo a tutto tondo, sempre agognato, con i suoi giocosi travestimenti. Cede la pescheria, regala mobili e suppellettili, svuota la casa, si riduce sul lastrico, pur di apparire “puro” agli occhi di fantomatici giudici, la moglie ha contezza che il marito sta perdendo il senso della realtà, ma non riesce più a fermarlo.
Il ribaltamento di prospettiva: non è la tv a imitare il reale ma l’esatto contrario, non è inedita, ma i modi in cui Garrone lo porta avanti sono equilibrati e arguti. Nel reality agognato dal suo protagonista ci siamo già dentro sin dall’inizio. La meccanica dello show è la stessa della vita di Luciano. Il film non è solo una critica e denuncia contro messaggi eterodiretti, contro il colonialismo di una televisione cinica e volgare, che eleva su tutto i sogni di successo, dove il reality show è la scorciatoia per diventare ricchi e famosi, anche se non sai fare niente. Quello di Garrone si pone un obbiettivo più alto, più ambizioso, profondo: descrivere il percorso autodistruttivo di un uomo comune, che incappa in una droga, più subdola di quella chimica, che allontana dalla realtà, a causa di una sub-cultura superficiale e concentrata sull’immagine e la forma e non certo sulla sostanza, quella che ci propina quotidianamente la tv spazzatura, che narcotizza gli spettatori, facendo perdere loro il reale senso dei valori che contano e porta a confondere il vero con il falso, il reale con l'illusorio. Matteo Garrone, straordinario cineasta italiano racconta con talento immaginifico una storia vera e feroce. intensa.
Man mano che procede, il film partito con toni scanzonati, si incupisce e si trasforma come il suo protagonista, prendendo la fisionomia di un'allarmante, paradossale odissea contemporanea. Un degrado interiore, che si compie nell'immobilità paranoica della teledipendenza, che impone al regista un metodo narrativo completamente soggettivo, che arriva molto spesso a far coincidere il punto di vista della macchina da presa, con quello del protagonista. Emblema metaforico dell'inarrestabile involuzione culturale di un intero paese. "Reality", nella lingua dei protagonisti del film, non è realtà, ma spettacolo. È infatti la passione per la messinscena, che spinge il pescivendolo Luciano a immaginarsi protagonista della televisione e del proprio riscatto sociale, la celebrità è una sirena che spesso ammalia e anima passioni malsane. Ma Luciano può essere chiunque, ciascuno di noi, che pensando di seguire i suoi sogni, perde le coordinate della logica e si smarrisce, scivolando nella follia. Nota di merito per uno stratosferico Aniello Arena e per la mai compianta abbastanza Loredana Simioli.
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