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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Reality

di cheftony
9 stelle

Tu ci devi credere sempre!”

No, no, Enzo, io su questo ci credo pure troppo! Ecco, io ho investito tanto in questo, hai capito?”

Bravo! Hai fatto bene! E continua a crederci!”

Sì, sì, Enzo.”

Credici!”

Sì, grazie!”

Credici sempre!”

Quindi c'ho speranza fino all'ultimo?”

Sicuro!”

Ok!”

Never give up! Come si dice?”

 

Aniello Arena, Giuseppina Cervizzi

Reality (2012): Aniello Arena, Giuseppina Cervizzi

 

Luciano Ciotola (Aniello Arena) è un pescivendolo napoletano, la cui vita scorre con una certa regolarità: felicemente sposato con Maria (Loredana Simioli), si divide fra l'amore giocoso per i tre figli e l'attività lavorativa con Michele (Nando Paone), con il quale ottimizza i proventi attraverso un commercio non proprio legale di robot da cucina.

Non insensibile alla seduzione della fama, Luciano arriva quasi per caso e fuori tempo massimo a fare un provino per la nuova edizione del celebre reality show “Grande Fratello”; doveva essere solo una breve incursione al centro commerciale (dove si tenevano i provini) per far felici i figli, ma l'esperienza di Luciano prosegue quando per telefono gli comunicano che ha superato la prima selezione. Ne segue una seconda, a Roma, dove il pescivendolo è convinto di aver fatto colpo sugli autori; ormai è fatta: gaudio, giubilo, pesci scontati ai clienti e la meravigliosa sensazione di aver dato una svolta alla propria vita.

I propositi di Luciano si fanno sempre più folli, mentre la telefonata definitiva non gli perviene mai e si insinua nella sua mente un assurdo meccanismo per il quale quelli della televisione lo stanno studiando, spiando, valutando. La partecipazione al reality diventa questione di vita o di morte, in un delirio della psiche che annulla la sostanza e si fonda sul vuoto. I tentativi di Luciano di espiare e ricomporre le fratture generate, però, sembrano solo gesti riflessi…

 

Tu non stai buono c'a capa, te devi fa' curà! Secondo te 'a televisione perde tiempo e soldi appress' a 'no sciem' come te?”

 

 

Settimo lungometraggio di Matteo Garrone, peraltro di nuovo Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes, “Reality” (forma abbreviata di reality show), è un titolo che potrebbe far pensare ad una qualche forma di indagine su “Grande Fratello” e compagnia bella, ma non necessariamente: la realtà attuale del suo protagonista Luciano Ciotola è il mondo tangibile e quotidiano, fatto di lavoro, doveri, affetti e scadenze, dal quale perde però ogni contatto, risucchiato dal desiderio di appartenere ad una realtà televisiva fasulla, frivola e pacchiana. La forza che lo richiama è talmente forte da indurlo ad una mania di persecuzione e di protagonismo, fino ad una percezione della realtà distorta e sottoposta alla tirannia della propria immaginazione.

Luciano è un uomo libero e senza particolari problemi, ma con l'ambizione di rinchiudersi 24 ore su 24 in una prigione dorata, che ti sorveglia, ti espone, ti coccola, ti deride e poi forse ti abbandona nella solitudine, nella depressione, nella disillusione; o, se va grassa, ti costringe ad essere un uccellino in gabbia, una macchietta che porta avanti due o tre cliché idioti per partecipare alle serate mondane e provare a camparci, come l'emblematico personaggio di Enzo. Ed è quantomeno sarcastico che ad interpretare quest'uomo qualunque, aspirante schiavo della TV che da evasione si fa prigione, sia Aniello Arena, ovvero un ergastolano! Già, il protagonista di “Reality” è un nativo del quartiere Barra di Napoli, condannato nel '91, ad appena 23 anni, alla detenzione a vita per il suo coinvolgimento in un triplice omicidio di camorra. Detenuto a partire dal '99 nel carcere di Volterra, all'interno del quale opera il collettivo teatrale Compagnia della Fortezza che lo ha “svezzato”, Arena è adesso in semilibertà. Non solo: è un ottimo attore.

Pur portandosi dietro la consueta e lucida follia nella scelta e nella direzione del cast, “Reality” piomba nella filmografia di Matteo Garrone come un oggetto misterioso: scritto con i soliti Gaudioso, Chiti ed altri collaboratori, arriva quattro anni dopo la fama mondiale ottenuta con “Gomorra” e segna con quest'ultimo un'evidente rottura; Garrone proviene in parte dal documentario, ma qui, sfruttando maggiormente le note di una comicità amara che pervadeva solo a tratti i suoi lavori precedenti, giunge a sfiorare paradossalmente e palesemente il fiabesco (poi esplorato a piene mani nel successivo “Il racconto dei racconti”). Un fiabesco cercato, ben inserito nel contesto reale e cullato tramite la tecnica registica, ricca di lunghi piani sequenza e fulcro della scena iniziale e di quella finale (immaginifica e stupenda).

Ancora una volta va citato il lavoro alla fotografia del povero Marco Onorato (scomparso prima dell'uscita del film), che rende protagonista sui generis una Napoli luccicante, satura, grossolana senza tuttavia esser troppo chiassosa, ricolma di panze e vistosi tatuaggi. Il dialetto napoletano è sempre marcato, ma senz'altro più intelligibile che in “Gomorra”, che d'altronde disponeva di sottotitoli. La colonna sonora, delicata ed appropriata, è opera del richiestissimo compositore francese Alexandre Desplat.

Reality” per me è un gran film, forse quello che preferisco di Garrone, a prescindere dal valore assoluto.

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