Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Dopo quattro anni dall’affermazione avvenuta con “Gomorra” (2008) Matteo Garrone era atteso da tutti al varco, tanto più quando si era saputo che il suo nuovo obiettivo sarebbe stato il mondo finto dei reality (ossimoro vivente), un ambiente difficile da affrontare e proprio per questo si può dire una volta di più che il regista romano sia ormai una certezza assodata, perchè il risultato va oltre ogni più rosea aspettativa (per i pessimisti della prima ora, mentre per chi ci credeva è una conferma).
Luciano (Aniello Arena) è un pescivendolo di buon spirito che vive alla giornata arrotondando le entrate famigliari con piccole truffe.
Proprio per la sua naturale verve finisce, anche sospinto dai figli, col fare un provino per partecipare alla nuova edizione del “Grande fratello” e fin da subito è convinto che un posto in quella “casa” non possa che essere suo.
Da quel momento cambierà completamente la sua percezione della realtà.
“Reality”, anche un po’ “surreality” se non addirittura “irreality”, è la conferma plurima del talento autoriale di Matteo Garrone che si cimenta con un materiale vischioso e dallo stesso riesce a ricavarne il massimo (o quasi), trovando strade espressive importanti, soprattutto scegliendo, e scandagliando, quelle migliori a disposizione riuscendo a sorprendere in positivo.
Il percorso raccontato è esemplare, e quindi ben tracciato, con il sogno abbacinante di divenire famosi senza possedere qualità al di fuori di un’innata simpatia, un provino che arriva casualmente (la vita d’altronde spesso svolta senza preavvisi) con un conseguente assorbimento dalle aspettative in continuo, e drammatico/surreale, crescendo.
E qui scatta il colpo di fulmine vero e proprio e la dimostrazione umana del talento del regista con tanti particolari che salgono alla ribalta come il sentirsi perennemente osservati che porta ad azioni anche eclatanti (la beneficienza forzosa è di uno squallore unico tanto è efficace inserita nel contesto, la rinuncia a quello che si ha in previsione di una vita nuova quaglia con la pochezza di prospettiva sociale) e soprattutto una pazzia mediatica progressiva con un costante allontanarsi da se stessi per avvicinarsi all’apparire (come poi dice con chiare parole il prete durante una messa ad hoc con l’obiettivo di sollecitarlo).
Un microcosmo creato con cura in un crescendo (calando per lo scadere senza sosta del protagonista) che collima con un finale d’autore (il sogno irrangiungibile viene toccato probabilmente con la fantasia) che poteva essere ancora più asciugato da fronzoli (ad esempio, le risate di Luciano non mi sono sembrate utili all’essenzialità del momento) che prevede la dissoluzione finale del protagonista.
Un film sorprendente, non esente da difetti, ma quest’ultimi finiscono ai margini al cospetto di un organismo che gira, e che (ti) rigira, vive e soverchia tutto (il lavoro, la famiglia, la realtà) con una consecutio ammaliante e sospinto anche da un lavoro tecnico che in alcuni frangenti diviene vero e proprio coprotagonista della scena (a tal proposito doveroso citare la colonna sonora di Desplat).
Incredibilmente sospeso (nel nulla di ciò che stiamo “vivendo adesso”).
Supera la prova del "nove" quasi a pieni voti.
Caparbio per come affronta l'argomento, talentuoso per una serie di idee e modalità di rapprentazione delle medesime.
Per la parte occorreva un volto "qualunque", assolutamente non conosciuto, per essere credibili.
Non sarà il prototipo del grande attore, ma comunque risulta funzionale alla causa.
Parte minuscola, in pratica sostituisce Alessia Marcuzzi alla conduzione del "Grande fratello".
Soprattutto nella seconda parte il suo personaggio si ritaglia un discreto spazio e lei offre il suo contributo con buona partecipazione.
Discreta.
Tra i tanti volti che prosperano sullo sfondo.
Presenza, come spesso le accade, gradita.
Altro ruolo marginale, è il barista amico di Luciano, che poco aggiunge.
Sufficiente.
Per lui vale lo stesso discorso fatto per la Schiano, col vantaggio di essere anche più presente.
Affidabile ed adeguato alla situazione.
Parte minuscola, a tutti gli effetti si tratta di una sola scena (per quanto di importanza non trascurabile).
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