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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Reality

di hallorann
8 stelle

Luciano Ciotola è un pescivendolo con un animo “artistico”, ai matrimoni si traveste da vecchiarella ma per l’ultimo osa, da drag queen. E qui che incontra Enzo un “mostro”, un “divo” effimero e vacuo, un reduce del G.F. televisivo che fa marchette nei matrimoni e nelle discoteche, annunciato come una star pur non sapendo fare Nulla. Luciano e famiglia larga e allargata essendo partenopeo si arrangia oltre la pescheria ed essendo italiano vive al di sopra delle proprie possibilità schiavo di centri commerciali e sogni televisivi. Fa un provino in extremis per il beneamato Grande Fratello, nulla sarà più come prima. Tra dieci, cinquanta o cento anni quando si vorrà analizzare e ricordare gli anni zero, insomma gli anni successivi al 2000 bisognerà guardare attentamente REALITY di Matteo Garrone. Meglio di un trattato sociologico scava e rappresenta i danni psicologici, morali e materiali dell’Italia. La scelta di raccontare questa Storia attraverso la commedia è geniale e coraggiosa. La dimensione favolistica è segnata fin dall’arrivo della carrozza (seguita dall’alto) nell’outlet adibito a castello in cui si consumano matrimoni finto sfavillanti a gettone e getto continuo. Una fabbrica di consumo e di illusioni, una lunga scena-metafora potente su una realtà iperreale più reale del re. Fateci caso sono i figli piccoli a volere la foto e l’autografo con il “fenomeno” Enzo e dopo a insistere sul provino al G.F. ed è anche la moglie a contagiarli questo virus che devasterà le loro vite. La cifra favolistica è rafforzata e sottolineata dalle bellissime musiche di Alexander Desplat. Garrone regista e operatore alla macchina sta addosso agli interpreti principali, soprattutto a Luciano (uno straordinario non professionista di nome Aniello Arena). Ne segue gli sguardi, le parole, i gesti, le movenze, il volto “alla Totò”, ne anticipa i pensieri, registra e segue i cambiamenti di status e di comportamento. E non è un caso che abbia ambientato questa vicenda paradigmatica in quel teatro naturale di colori (ottima a tale proposito l’ultima fotografia di Marco Onorato), di simpatia e di personaggi denominato Napoli. Tutto gli è divenuto più semplice, con attori non professionisti diretti “alla De Sica” e altri di lungo corso come Nando Paone, mai così asciutto ed efficace come in REALITY. Il G.F., il mondo televisivo, il nostro tempo ipercinetico è un’illusione che abbaglia e confonde, sconvolge e trasforma ci vuole dire Garrone e la sua consolidata squadra di sceneggiatori. Neanche la fede (altra illusione per i popoli) ci e lo dissuaderà. Solo la commedia, la favola (quella che è convinta di vivere Luciano, molto meno la famiglia che ha innescato e che vive il dramma) può raccontare con un distacco netto la situazione. Garrone poteva farla diventare nera la favola ma non lo fa, nel finale dilatato (apparentemente onirico o Leoniano, non lo è) ha ragione: Luciano è un puntino nell’universo, gli abitanti della Casa idem, quest’epoca buia ma piena di luci artificiali lo stesso. Sarà il Nulla domani.

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