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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Reality

di Gangs 87
8 stelle

La prima volta che lessi di questo film l’idea che Matteo Garrone custodiva dentro la sua testa stava lentamente prendendo piede.  Leggendo della trama, del contenuto di questo film, di quello che sommariamente trattava, ero stata da subito incuriosita da questa futura messa in scena, ed ecco perché quando a Cannes il film ha ricevuto il Gran Premio della Giuria non mi sono sorpresa più di tanto. Essendo rimasta delusa dalla realizzazione di “Gomorra” speravo, ma dentro di me era come se già sentivo, che Garrone si sarebbe riscattato con questa sua seconda opera. Il film è uno spaccato di più vite, di persone che si lasciano avvolgere da un evento di cui diventeranno parte integrante e che sconvolgerà le loro vite. Luciano, un talento naturale di claustrofobica recitazione quello di Aniello Arena si lascia coinvolgere, senza tanto opporsi poi più di tanto, a partecipare ai provini del Grande Fratello vista la sua innegabile capacità di essere un uomo di “spettacolo” sempre pronto a divertire divertendosi. Il nero che si fa spazio nei suoi occhi ha la profondità del buio che circonda quel puntino luminoso di notorietà falsata conquistata come un ladro nella notte che circonda tutto di buio, come buia è la paura di rimanere intrappolati in una follia vera che rende ridicoli anche agli occhi di chi tale follia l’ha generata senza pensare alle conseguenze, al male che da essa può scaturire. 
Più che una denuncia alla “cattiva televisione” sembra un monito alla “convinzione” che, specie al sud, è un male comune e radicato tra lo sfarzo e l’esagerazione di cui si circonda la normalità estrema.
Loredana Simioli, la moglie di Luciano che spesso e con piacere ho avuto la possibilità di ammirare in una nota emittente partenopea (TeleGaribaldi) quando si limitava ad inscenare la tipica donna dei “bassi” dei quartieri napoletani, qui ha la capacità di trasformare questa caratteristica in una peculiarità marginale che è il riflesso dell’incapacità di relazionarsi con la realtà vera di una finta capacità e “convinzione” di essere e sentirsi diversi che prima installa nella mente del fragile e condizionabile marito e che poi cerca disperatamente di espellere come si fa con un male radicato e più forte di quanto si pensi.
Garrone riprende un mondo, il suo (che poi è anche il mio), in modo così vero che sembra un documentario, un racconto verosimile (che di favola ha ben poco) che è poi più sincero di quanto “Gomorra” abbia voluto (e potuto) far credere.

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